Svizzera: Paese multilingue!

 

Schweiz, in tedesco, Suisse, in francese, Svizra, in romancio: Schwiiz, in tedesco alemanno, Svizzera, in italiano.

 

 

 

 

 

 

 

Le lingue parlate in Svizzera sono quattro, ossia, in ordine per numero di locutori materni: il tedesco, il francese, l'italiano e il romancio. Le prime tre lingue sono definite "nazionali e ufficiali" a livello federale. Dal 1938 anche il romancio è "lingua nazionale" e dal 1999 è inoltre lingua ufficiale "nei rapporti [della Confederazione] con le persone di lingua romancia". Vale a dire che ogni documento ufficiale pubblicato in Svizzera deve essere disponibile in tedesco, francese e italiano, mentre se ne fornisce una versione in romancio solo su richiesta.

I confini fra i cantoni svizzeri non ricalcano quasi mai i confini linguistici: vi sono, al contrario, cantoni plurilingui. In 17 cantoni si parla solo tedesco, in 4 cantoni solo francese (nel Canton Giura esiste un unico comune di lingua tedesca, Ederswiler). Il Canton Vallese, il Canton Berna e il Canton Friburgo sono bilingui, tedesco e francese. Il Canton Ticino è l'unico di lingua italiana (solo il comune di Bosco Gurin è bilingue italiano-tedesco). Il Canton Grigioni è l'unico trilingue: tedesco, italiano e romancio. Nel 2013, il tedesco era parlato dal 64,5% degli svizzeri, il francese dal 22,6% (in 7 cantoni), l'italiano dall'8,3% e il romancio dallo 0,5%. Il 21,0% della popolazione parla una lingua non nazionale. Queste percentuali includono, infatti, i residenti nel Paese senza cittadinanza elvetica (23,8% della popolazione alla fine del 2013). Se si tiene invece conto solo dei cittadini svizzeri, la ripartizione linguistica, secondo i dati censuali dell'anno 2000, era la seguente: germanofoni 72,5%, francofoni 21,0%, italofoni 4,3%, romanciofoni 0,6%, altri 1,6%.

La percentuale delle lingue non nazionali parlate come prima lingua nelle case svizzere è aumentata da meno dell'un per cento del 1950 al 21% per cento nel 2012, per lungo tempo a spese del tedesco. Le lingue principali dei residenti svizzeri dal 1950 al 2012, in percentuali, sono le seguenti:

          

Echallens 

Comune in Svizzera
Echallens è un comune del Canton Vaud di 5.316 abitanti. Wikipedia
Area: 6,66 km²
Altitudine: 617 m


Popolazione: 5.076 (31 dic 2008)
Cantone: Canton Vaud, Distretto del Gros-de-Vaud

 

 

Berne

 

 

 

 

 

Ufficialmente Confederazione svizzera (Schweizerische Eidgenossenschaft in tedesco, Confédération suisse in francese, Confederaziun svizra in romancio, ma anche Confoederatio Helvetica in latino nota (abbreviata con l'acronimo CH),  è uno Stato federale dell'Europa centrale, composto da 26 cantoni indipendenti. La Svizzera vide la sua nascita ufficiale con l'alleanza di trecantoni che nel 1291 rinnovarono il patto eterno confederale, il che spinge a pensare che la nascita della Svizzera risalga a tempi ancora più remoti. Ad ogni modo, la Svizzera è uno dei più antichi Stati del mondo.

La Svizzera è un paese alpino senza sbocco al mare, il cui territorio è geograficamente suddiviso tra il massiccio del Giura, l'Altopiano e le Alpi svizzere, e occupa una superficie di 41.285 km². Confina a nord con la Germania, a est con l'Austria e il Liechtenstein, a sud con l'Italia e a ovest con la Francia. Due terzi degli 8 milioni di  abitantisi concentrano sull'Altopiano, dove si trovano le maggiori città: Zurigo, Ginevra, Berna, Basilea, Winterthur, Lucerna, San Gallo e Losanna.

Le prime due sono piazze finanziarie internazionali e vengono anche spesso considerate come le città aventi la qualità di vita più elevata al mondo, mentre Berna, come capitale (più propriamente "città federale"), è il centro burocratico e politico della nazione e sempre qui, nel Palazzo Federale (ted Bundeshaus, fr Palais fédéral), vi è la sede del Parlamento e del Governo svizzeri. 

A Losanna e Lucerna vi sono le sedi della massima istanza giuridica della Confederazione: il Tribunale federale.

Altri tribunali della Confederazione si trovano invece a San Gallo e Bellinzona.La Svizzera fa parte delle Nazioni Unite (dal 2002), dell'AELS, del Consiglio d'Europa, dell'Organizzazione mondiale del commercio.

La Svizzera ospita numerose organizzazioni internazionali, in particolare a Ginevra, dove vi si trovano la sede della Croce Rossa e la sede europea dell'ONU mentre a Zurigo ha sede la FIFA, a Nyon la UEFA e a Losanna il Comitato Olimpico Internazionale.Non fa parte dell'Unione europea. Con un reddito pro-capite pari a 80.275 $ (2013), la Svizzera è uno dei Paesi economicamente più prosperi al mondo. Due terzi della forza lavoro sono attivi nel settore terziario e circa un terzo nel secondario. La Svizzera è suddivisa in tre regioni linguistiche e culturali: tedesca, francese, italiana, a cui vanno aggiunte le valli del Canton Grigioni in cui si parla il romancio. Il tedesco, il francese, l'italiano sono lingue ufficiali e nazionali. Il romancioè lingua nazionale dal 1938 ed è parzialmente lingua ufficiale dal 1996.

Alla diversità linguistica si aggiunge quella religiosa con i cantoni protestanti e i cantoni cattolici. Gli svizzeri quindi non formano una nazione nel senso di una comune appartenenza etnica, linguistica e religiosa. Il forte senso di appartenenza al Paese si fonda sul percorso storico comune, sulla condivisione dei miti nazionali e dei fondamenti istituzionali (federalismo, democrazia diretta, neutralità), sulla geografia (Alpi) e in parte sull'orgoglio di rappresentare un caso particolare in Europa. La politica estera è contraddistinta dalla tradizionale neutralità, mantenuta sin dal 1674, anno della prima dichiarazione ufficiale di neutralità della Svizzera.

 

Storia

 

La Svizzera in età romana: tra il limes e le Alpi. La Svizzera nel Duecento: territori degli Hohenstaufen, degli Zähringen, dei Savoia e degli Asburgo. Fino al termine dell'età medievale il territorio attualmente occupato dalla Svizzera non costituiva uno spazio politicamente unitario.

Le più antiche tracce della presenza umana sul suolo elvetico risalgono a circa 150.000 anni fa, mentre gli insediamenti agricoli più remoti, allo stato attuale delle ricerche archeologiche, sembrano essere quelli di Gächlingen, fatti risalire al 5300 a.C. circa. Prima della conquista romana, il territorio a sud del Reno era abitato da diverse tribù celtiche.

 

 

L'insediamento più conosciuto e documentato è quello di La Tène, sul lago di Neuchâtel, che ha dato il nome alla cultura della tarda età del ferro, iniziata intorno al 450 a.C. Nella parte orientale del paese (nell'attuale Canton Grigioni) erano stanziati i Reti, più a sud (nell'attuale Canton Ticino) i Leponzi e gli Insubri. Gran parte dell'Altopiano, tra le Alpi e la catena del Giura, era invece occupato dalla tribù degli Elvezi, la cui sconfitta, nella battaglia di Bibracte, nel 58 a.C., segnò l'inizio della dominazione romana sul territorio. La conquista latina venne portata a termine nel 15 a.C., da Tiberio (destinato a diventare il secondo imperatore romano) e da suo fratello Druso che annessero all'impero le Alpi (creando la provincia delle Alpi Pennine, corrispondente grossomodo al Vallese). L'area occupata dagli Elvezi fu prima parte dalla provincia della Gallia Belgica quindi della Germania superiore, mentre i territori a est della Linth e dell'Alto Ticino furono integrati nella provincia della Rezia. Le popolazioni celtiche si integrarono velocemente nel mondo culturale romano, adottandone lingua e religione.

 

 

 

 

Tre erano le colonie governate secondo il diritto romano: Augusta Raurica (Augst, fondata nel 44 a.C., oggi il principale sito archeologico della Svizzera), Aventicum  (Avenches, che conserva l'anfiteatro del 130 d.C., ed entro le cui mura potevano trovare rifugio oltre 50.000 abitanti) e Colonia Iulia Equestris (Nyon).Gli insediamenti erano collegati da un'efficiente rete stradale che innervava l'altopiano da ovest a est. Altre strade, varcando le Alpi attraverso sei passi, mettevano in comunicazione l'Altopiano con la Gallia Transpadana e il cuore dell'impero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aventicum (Avenches)

 

 


Aventicum, situata nell'altipiano svizzero, fu la città antica che in età romana fu capitale dell'Elvezia, oltre che suo centro politico, religioso ed economico.
La città antica sorgeva in corrispondenza dell'attuale Avenches, a sud del lago di Morat, nella pianura della Broye a un'altitudine di circa 445 m. Si trovava in un sito strategico posto sulla strada che collegava le rive del lago Lemano alle città romane di Vindonissa e Augusta Raurica; parimenti era collegata per via fluviale, tramite un canale, al lago di Morat.


Dal I al III secolo d.C. fu la più grande città sul territorio elvetico, giungendo a contare oltre 20 000 abitanti. I numerosi reperti rinvenuti nel corso delle varie campagne di scavi archeologici sono esposti presso il Musée romain d'Avenches, collocato nella torre dell'anfiteatro romano.Tra i reperti si segnalano un organo idraulico antico pressoché completo e soprattutto il celebre busto di Marco Aurelio, realizzato attorno al 180 d.C., scoperto nel 1939 all'interno della rete fognaria di un tempio. La città fu un importante nodo stradale dell'epoca, in una regione molto colonizzata. Il grande asse stradale svizzero passava per Avenches, Morat, Chiètres e Kallnach e si dirigeva verso Soletta e Windisch, estendendosi lungo il margine orientale del Seeland.

Una seconda strada romana attraversava il Seeland verso Witzwil, tra i laghi di Neuchâtel e di Morat. Dopo Petinesca, una biforcazione, passando per le Gole del Taubenloch, attraversava il Giura verso l'Europa settentrionale, oltre Augusta Raurica. Dopo esser stati sconfitti a Bibracte da Giulio Cesare nel 58 a.C., gli Elvezi fecero ritorno ai loro territori di origine nell'altipiano svizzero, territori che furono annessi dai Romani nel 15 a.C.

Probabilmente, Aventicum fondata ex nihilo al principio del I secolo d.C. come capitale del territorio degli Elvezi appena conquistato, lungo la strada costruita al tempo dell'imperatore Claudio che collegava l'Italia alla Britannia. Nel 72 d.C., sotto l'imperatore Vespasiano, che vi crebbe, la città fu elevata al rango di colonia. Nel II e nel III secolo d.C. la città ebbe la fase di massimo splendore, fino a quando, verso il 275/277 gli Alemanni invasero il territorio, riducendo drasticamente il tenore di vita nella città, che comunque continuò a essere abitata. Le testimonianze e le vestigia della tarda antichità sono però rare. In era  cristiana, Aventicum fu sede vescovile. Il più celebre dei suoi vescovi fu Mario Aventicense, le cui cronache, che ricoprono il periodo compreso tra il 455 e il 581 d.C., rappresentano una delle poche fonti relative ai Burgundi del VI secolo. Poco dopo il Concilio di Macon (585 d.C.), Mario trasferì la sede vescovile da Aventicum, che stava rapidamente declinando, a Losanna. Alla pax romana nelle province misero fine le incursioni delle tribù germaniche. Il limes germanico-retico venne abbandonato poco dopo il 260 d.C. in seguito all'attacco in forze degli Alemanni. Un nuovo confine fortificato venne creato lungo il Reno, ma il territorio fra questo e le Alpi (impoverito dalle incursioni e dalla rinnovata presenza dell'esercito romano) venne abbandonato definitivamente da Roma verso il 400.

La tribù germanica dei Burgundi si  insediò nella regione a ovest dell'Aare: adottò la lingua latina e si convertì al cristianesimo, mentre le tribù Alemanne, stabilitesi a est dell'Aare, mantennero usi e costumi germanici.   Si formò così quel confine linguistico tra francese e tedesco che caratterizza ancora oggi l'Altopiano svizzero. I Reti (o Reto-romanzi, Rumantsch, poiché latinizzati) vennero progressivamente assimilati, sicché oggi sono presenti solo in alcune vallate dei Grigioni. Tra il 511 e il 534 il Regno dei Burgundi venne conquistato dai Franchi; nel 539 fu la volta dell'Alemannia.

I sovrani Merovingi e Carolingi promossero l'espansione del cristianesimo, sull'Altopiano e nelle valli alpine sorsero numerose abbazie (San Gallo, Einsiedeln, Disentis, San Giovanni in Münstair, Saint-Maurice d'Agaune): centri religiosi, economici e culturali della civiltà feudale. Con il Trattato di Verdun nell'843, che mise fine all'impero di Carlo Magno, il territorio venne nuovamente spartito: il territorio dei Burgundi venne assegnato a Lotario I, quello degli Alemanni a Ludovico il Germanico. Nel 1039, con la conquista del Regno burgundo da parte di Corrado II, tutto il territorio dell'attuale Confederazione si ritrovò riunito nel Sacro Romano Impero.

La crisi del sistema feudale fra il Duecento e il Trecento portò a una situazione di endemica conflittualità fra casati nobiliari. La città antica sorgeva in corrispondenza dell'attuale Avenches, a sud del lago di Morat, nella pianura della Broye a un'altitudine di circa 445 m. Si trovava in un sito strategico posto sulla strada che collegava le rive del lago  Lemano alle città romane di Vindonissa e Augusta Raurica; parimenti era collegata per via fluviale, tramite un canale, al lago di Morat. Dal I al III secolo d.C. fu la più grande città sul territorio elvetico, giungendo a contare oltre 20 000 abitanti. I numerosi reperti rinvenuti nel corso delle varie campagne di scavi archeologici sono esposti presso il Musée romain d'Avenches, collocato nella torre dell'anfiteatro romano. Tra i reperti si segnalano un organo idraulico antico pressoché completo e soprattutto il celebre busto di Marco Aurelio, realizzato attorno al 180 d.C., scoperto nel 1939 all'interno della rete fognaria di un tempio. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Italiani in Svizzera


 

Presenza italiana negli anni:


1970: 526'579
1980: 421'542
1990: 379'734
2000: 321'639
2009: 289'111

 

 

 

Alla fine del 2009, gli italiani erano ancora la comunità straniera più importante in Svizzera, con una percentuale del 17,2%. Al secondo posto figurano i cittadini tedeschi (250'471 persone,14,9%) e al terzo i portoghesi (205'255, 12,2%).
Il numero di italiani è costantemente diminuito dal 1974 (allora erano 559'184), principalmente per i rientri in patriae le naturalizzazioni.
L'emigrazione italiana in Svizzera nel Secondo dopoguerra L’emigrazione italiana può essere divisa, per quanto riguarda il XIX e il XX secolo,
in due fasi. La prima va dal 1888, anno della prima legge italiana sull’emigrazione, alla fine degli anni ’20. È chiamata “grande emigrazione”,
ed è diretta soprattutto verso l’America. La seconda riprende dopo la Seconda guerra mondiale, e prosegue fino alla metà degli anni ’70 (il 1974 è infatti l’anno della crisi petrolifera, che provoca un periodo di recessione economica e dunque parecchi licenziamenti). In questa seconda fase le
persone si dirigono soprattutto dal Sud al Nord Italia, e in Europa. Noi ci occuperemo di questa seconda ondata emigratoria, nel corso della quale, secondo le stime, più di tre milioni di persone lasciarono l’Italia. Moltissimi italiani scelsero la Svizzera quale meta d’emigrazione. Il sistema produttivo della Confederazione, uscito praticamente indenne dalla guerra, era soggetto a una forte domanda, anche internazionale, e di conseguenza a un aumento delbisogno di manodopera. Gli imprenditori svizzeri decisero così di rivolgersi ai lavoratori stranieri a basso costo, provenienti soprattutto dalla vicina Italia. Dalla fine della guerra agli anni ’60 a emigrare in Svizzera furono soprattutto abitanti del Nord Italia, perché geograficamente più vicini e poiché gli imprenditori li preferivano ai lavoratori del Sud, poi invece, dal 1963 agli anni Settanta a spostarsi furono soprattutto i meridionali. Gli anni Sessanta sono per l’Italia il momento del cosiddetto boom, o miracolo economico, Si tratta di un periodo di grandi mutamenti e di grande sviluppo che investe dapprima il settore economico, per poi diffondersi agli altri ambiti della vita degli italiani. Le trasformazioni economiche in atto in quegli anni avevano provocato un notevole aumento degli impieghi, della produzione di beni privati e, di conseguenza, del benessere.

 

L’aumento del tenore di vita degli italiani ebbe come conseguenza la nascita di bisogni nuovi e diede alla luce quella che viene comunemente chiamata società dei consumi di massa. Ma il boom economico aveva portato con sé anche un’altra importante conseguenza: fortissimi squilibri sociali, in particolare tra il Nord e il Sud della Penisola. Lo sviluppo economico aveva infatti toccato praticamente solo i  l Settentrione, e in particolare quella zona chiamata “triangolo industriale”, compresa tra Genova, Milano e Torino. Era lì che si concentravano lo sviluppo e la maggior parte dell’offerta di posti di lavoro, e di conseguenza quasi tutto il benessere: le campagne del Sud restavano arretrate e poverissime. I meridionali cominciarono dunque a spostarsi in massa verso il triangolo industriale, ma anche verso altre nazioni europee, soprattutto la Francia, la German ia e la Svizzera. Inoltre, l’emigrazione era voluta e favorita dal governo italiano, perché vista come modo per allentare le tensioni sociali nel paese. A questo proposito, Amintore Fanfani, capo del governo, dichiarava che le partenze erano “una valvola di sfogo per il surplus della popolazione italiana”  
Il governo elvetico aveva cercato fin da subito di controllare l’emigrazione limitandola ai lavoratori cosiddetti stagionali, ovvero a coloro che avrebbero fatto immediato ritorno in Italia allo scadere del contratto di lavoro, per poi tornare nella Confederazione al momento in cui ci sarebbe di nuovo stata necessità di manodopera non qualificata. Il primo accordo con l’Italia a questo proposito risale al 1948. . Esso è volto a sottolineare questo processo di rotazione dei lavoratori. La categoria degli stagionali, strettamente funzionale agli sbalzi dell’economia, aveva però uno statuto poco favorevole: non poteva spostarsi all’interno  del territorio svizzero, ne cambiare lavoro, ma era vincolata a chi l’aveva assunta, che poteva licenziarla in qualsiasi momento (con sole 24 ore di preavviso). A questi lavoratori, non era inoltre concesso di portare con sé la famiglia (con l’accordo del 1948 gli anni per ottenere il permesso di domicilio passarono infatti, rispetto al 1934, da cinque a dieci). L’accordo provocava notevoli problemi d’integrazione per i lavoratori e creava tensioni con il governo italiano, che aveva a più riprese domandato maggiori sicurezze per i suoi connazionali. Si giunse così a un second
o accordo, quello del 1964, volto alla promozione dell’integrazione, in particolare con la legge sul ricongiungimento familiare, che riduceva notevolmente gli anni di attesa per poter portare la propria famiglia c on se in Svizzera. In seguito a questi nuovi accordi si scatenarono però nella Confederazione,opinioni xenofobe, causate dalla paura dell’inforestierimento (Überfremdung in tedesco), che si temeva avrebbe preso piede a seguito dell’apertura all’integrazione degli stranieri promossa con l’accordo del 1964 dalle autorità elvetiche. Iniziative xenofobe si svilupparono soprattutto nella Svizzera tedesca. Nel 1965 ne venne lanciata una prima, dal partito democratico del Canton Zurigo, “contro la penetrazione straniera”, che venne poi ritirata qualche anno dopo. La più importante è però l’iniziativa Schwarzenbach (dal nome del suo promotore principale) lanciata da Azione nazionale nel 1969 per la limitazione a un massimo del 10% della popolazione straniera su quella totale della Confederazione. Numerose furono le polemiche e le discussioni a proposito di questa iniziativa, che venne infine bocciata, anche se di misura, da una votazione popolare nel 1970. Quest’atmosfera di tensione e di intolleranza non era certo positiva per i lavoratori italiani presenti in Svizzera e per le loro famiglie. Le difficoltà erano da un lato di tipo materiale (soprattutto economiche), ma anche psicologiche. Gli emigrati, inseriti in una realtà ostile, e molto diversa da quella cui erano abituati (moderna e industrializzata) sentivano la nostalgia dell’Italia, della loro famiglia e delle loro tradizioni, e desideravano, nella maggior parte dei casi, fare ritorno al più presto.

 

 

La lingua italiana

L'italiano  è una lingua romanza basata sul fior entino letterario usato nel Trecento. L'italiano è lingua ufficiale dell'Unione europea, nonché una delle lingue più parlate al mondo. In Svizzera la lingua italiana è lingua nazionale e riconosciuta come lingua ufficiale della Confederazione insieme al Tedesco, il Francese ed il Rumantsch (romancio: lingua ladina delle valli grigionesi). L'italiano viene parlato come lingua autoctona dagli Svizzeri italiani nel Canton Ticino ed in parte del Canton Grigioni.Gli Italo-svizzeri sono concentrati nelle aree settentrionali della Svizzera tedesca, mentre gli Svizzeri italiani sono radicati nel sud della Svizzera (Canton Ticino e Grigioni). Nonostante l'Italiano sia parte integrante del tessuto culturale e linguistico elvetico, fuori dalla Svizzera italiana la sua importanza e l'uso nella collettività vanno decrescendo per varie ragioni. La causa principale è da ricercarsi nell'integrazione dei figli d'italiani emigrati di seconda e terza generazione, che (come dimostrato nel censimento del 2000) pensano e parlano - quasi esclusivamente ormai - usando la lingua d'adozione, il tedesco o il francese. Se da una parte ciò rappresenta un merito alla politica svizzera d'integrazione, dall'altra si è forse persa l'occasione, per la minoranza italofona, d'accrescere l'impatto culturale della lingua italiana nelle regioni tedescofone e francofone. Un'altra causa della perdita di terreno della lingua italiana in Svizzera e, più in generale nel mondo, è lo scarso sostegno che la lingua italiana riceve dallo Stato italiano fuori dall'Italia. Il British Council, a titolo di paragone, riceve dallo Stato britannico, per curare e promuovere l'uso della lingua inglese, circa 220 milioni di euro, il Goethe-Institut dallo Stato tedesco riceve 21 milioni di euro, l'Istituto Cervantes, per promuovere l'uso dello spagnolo riceve da Madrid 90 milioni di euro, l'Alliance française riceve quasi 11 milioni da Parigi (cui vanno aggiunti 89,2 milioni di euro destinati all'Organizzazione Internazionale della Francofonia[3]), mentre la Società Dante Alighieri, per promuovere e curare l'utilizzo dell'italiano fuori dall'Italia, riceveva 1,2 milioni di euro, dimezzati nel 2010 a 600.000 euro a causa dei risparmi decisi da Roma[4] (circa un quinto di quanto spende il solo Canton Ticino per salvaguardare il dialetto ticinese e l'italianità in Svizzera. Fuori dal Canton Ticino e dalle valli italofone del Canton Grigioni, la comunità italo-svizzera ha aperto numerose scuole nelle principali città elvetiche (finanziate in parte dagli stessi immigrati, in parte dalla Confederazione svizzera). Due scuole elementari, una scuola media e un liceo a Basilea; una scuola elementare, una scuola media e un liceo a Losanna; una scuola media e un liceo a Zugo; una scuola elementare, una scuola media, un liceo artistico e una scuola superiore a Zurigo; una scuola elementare, una scuola media e tre licei tecnici a San Gallo[6]. Vengono inoltre considerate "scuole italiane" anche l'Istituto elvetico (scuola media e liceo, gestiti dai Salesiani) di Lugano e il Liceo L. Da Vinci di Lugano, in quanto seguono un programma di studio più simile a quello italiano che a quello ticinese.

 


Comunità italiana

 
Monumento dello scultore ticinese Vincenzo Vela agli operai - in maggioranza italiani -
caduti durante la costruzione della galleria del San Gottardo.

 

Foto segnaletica di Mussolini del 1903 (rifugiato in Svizzera), quando fu arrestato dalla polizia elvetica perché sprovvisto di documento d'identità. Il cartello riporta l'erronea dicitura Moussolini Benedetto. Ernesto Bertarelli, ex patron di Serono e creatore di Alinghi.
La storia dell'emigrazione italiana in Svizzera cominciò nella prima metà dell'Ottocento. La maggioranza degli Italiani in Svizzera provenne inizialmente dal Nord Italia, soprattutto dal Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia.

Attualmente le regioni italiane di maggiore provenienza sono: Lombardia (15%), Campania (13,1%), Puglia (12,4%), Sicilia (12,1%) e Veneto (8,4%); inoltre, gli Italo-svizzeri si concentrano per lo più nella zona di Zurigo (22,7%) e Basilea (14,4%).
« Nella seconda metà del secolo XIX inizia la prima ondata migratoria degli italiani in Svizzera. Nel 1860 se ne contano 10.000, nel 1900 117.059 e nel 1910 già 202.809.Lavorano principalmente alla nuova rete ferroviaria. Più di tre quarti provengono dal Piemonte, dalla Lombardia e dal Veneto; il resto viene dall’Italia centrale, Roma inclusa. Al sud spetta soltanto la quota assai limitata dell’uno per cento.

Negli anni trenta vi fu anche una piccola emigrazione di intellettuali e politici antifascisti, che diedero vita alle "Colonie libere italiane" nel loro esilio. La seconda guerra mondiale arrestò l'emigrazione momentaneamente, ma nel 1945 riprese incrementata dalla distruzione bellica dell'economia italiana. Alla fine degli anni cinquanta si esaurì l'emigrazione dal centro-nord italiano, per via del miracolo economico italiano, mentre si incrementò quella dal Mezzogiorno. L'importanza dell'emigrazione italiana in Svizzera la si deduce anche dal fatto che vi furono oltre sette milioni di partenze di emigranti italiani dall'Italia per l'estero tra il 1945 ed il 1976, e ben due milioni andarono nella Confederazione Elvetica.[9] Quasi il 70% degli Italiani, che
emigrò nella Confederazione dopo la seconda guerra mondiale, si stabilì nei cantoni di lingua tedesca.

« La popolazione italiana sale costantemente fino al 1975. Più di due terzi dell’intera popolazione straniera in Svizzera provengono dall’Italia. Nel 1975 si raggiunge il punto più alto e
vengono registrati 573.085 italiani. La maggior parte degli emigranti sono lavoratori stagionali, il cui permesso di soggiorno è limitato a 9 mesi e può essere rinnovato all’occorrenza. Sono occupati innanzi tutto in cantieri edili, pubblici e privati, e negli esercizi alberghieri, ma anche in diversi settori non vincolati alla stagionalità. Lo “stagionale” non è autorizzato a farsi raggiungere in Svizzera dalla famiglia. Soltanto dopo anni e a determinate condizioni i lavoratori stranieri ricevono il permesso di far venire la famiglia. »


La proporzione di stranieri in Svizzera, che nel 1960 aveva superato il 10% della popolazione, toccò il 17,2% nel 1970 con oltre un milione d'individui, il 54% dei quali italiani. Ad oggi se si contano i naturalizzati con doppio passaporto, la cifra supera le 527.000 unità[, su una popolazione svizzera di quasi otto milioni d'abitanti. Attualmente gli stranieri in Svizzera rappresentano il 23% della popolazione e la comunità italiana è ancora quella più numerosa (il 18,9% della popolazione straniera). L'Anagrafe ufficiale del Ministero dell'Interno italiano attestava che nel 2007 vi erano 500.565 Italiani in Svizzera con diritto di voto (includendo coloro con il doppio passaporto), e 261.180 nuclei familiari. Da questi numeri si può dedurre da una parte l'importanza che ricopre ancora oggi la comunità italiana o italosvizzera nella Confederazione, dall'altra l'importanza della Svizzera quale paese di emigrazione per gli Italiani. Una simile emigrazione ha inizialmente creato tensioni all'interno della società svizzera e in alcune occasioni esponenti di destra hanne cercato di limitare l'immigrazione italiana promuovendo persino un referendum ("Iniziativa Schwarzenbach", che voleva limitare il numero degli stranieri al 10% della popolazione svizzera) nel 1970, che non ha tuttavia ottenuto la maggioranza dei consensi dei cittadini svizzeri.

Recentemente si è fatta consistente l'emigrazione in Svizzera di imprenditori italiani. Il flusso, molto modesto negli anni passati (ma iniziatosi negli anni Settanta) si è irrobustito. La figura più conosciuta è quella di Ernesto Bertarelli, figlio dell'imprenditore Fabio Bertarelli che nel 1977 trasferì l'impresa di famiglia Serono da Roma a Ginevra. A partire dagli anni Novanta si è accentuato il trasferimento di imprenditori italiani in Svizzera, soprattutto nel Canton Ticino (favorita dalla vicinanza geografica, dalla lingua italiana a dalla sua politica di marketing territoriale). Le ragioni di questi trasferimenti sono principalmente: la burocrazia svizzera più snella, il carico fiscale più modesto, migliori infrastrutture e la presenza di parchi tecnologici

Un altro aspetto non prettamente connesso con l'emigrazione, ma legato al mondo del lavoro tra Italia e Svizzera è quello del frontalierato, ovvero cittadini italiani che al mattino si recano al lavoro nella vicina Svizzera nei cantoni di confine come il Ticino, Grigioni e Vallese per fare ritorno a casa la sera. Particolarmente attiva la presenza di lavoratori frontalieri italiani nel Canton Ticino, con oltre 58'000 presenze giornaliere che rappresentano più del 22% della forza lavoro del Cantone di lingua italiana la cui popolazione ammonta a poco più di 340'000 unità

 

 

  L'Emmentaler (o Emmental)  

L'Emmentaler (o Emmental) è un formaggio tipico della Svizzera. A volte viene impropriamente chiamato gruviera o "groviera", mentre il vero "gruviera" non è caratterizzato dall'occhiatura (presenza di buchi). Il formaggio prende il nome dall'Emmental, valle del fiume Emme, nel Canton Berna. Emmentaler ha acquisito la denominazione di origine protetta. L'Emmentaler è un formaggio a pasta dura, la cui caratteristica principale sono le grandi occhiature. Questi buchi sono dovuti a delle sacche di anidride carbonica che si formano naturalmente durante le fasi di maturazione del formaggio a causa di una fermentazione propionica. All'inizio del XXI secolo, il protocollo produttivo del formaggio è stato modificato per diminuire sensibilmente il diametro delle occhiature. Ciò in ragione delle difficoltà di taglio sottile che le occhiature grandi causavano alle affettatrici elettroniche, determinando una sensibile diminuzione delle vendite, soprattutto nel mercato statunitense. Il sapore è leggermente piccante e acidulo. In cucina, viene utilizzato sia nei sandwich, sia fuso. Viene utilizzato anche nella fondue (fonduta). Il formaggio Emmentaler è prodotto con latte vaccino crudo. Le vacche sono nutrite esclusivamente con erba e fieno e non sono consentiti mangimi insilati. Per produrre 1 kg di formaggio occorrono circa 12 l di latte. Il formaggio è realizzato in forme tonde con un diametro da 80 a 100 cm, con uno spessore che varia da 16 a 27 cm e un peso fra i 75 e i 120 kg.  

L’Emmentaler è il formaggio svizzero più venduto all’estero. Nonostante la forte domanda, i suoi produttori devono lottare per sopravvivere. Per aiutarli a rimanere a galla, il governo svizzero sta valutando l’introduzione di quote di produzione annuale per tutto il settore. La sovrapproduzione di Emmentaler ha spinto negli ultimi anni i prezzi verso il basso, mettendo in difficoltà i produttori rimasti in Svizzera. Questi ultimi hanno così approvato recentemente la proposta d’introdurre nuovamente dei contingenti. Secondo l’organizzazione Emmentaler Switzerland, che riunisce i principali caseifici, il sistema delle quote può funzionare solo se viene imposto a tutti i produttori del settore. E questo può essere decretato unicamente con la partecipazione del governo. Il Dipartimento dell’economia dovrebbe ultimare la procedura di consultazione in settembre. La decisione del governo è quindi attesa per ottobre.. La produzione di questo originale formaggio con i buchi è iniziata già nel Medioevo nella regione dell’Emmental, nel cantone di Berna.

Ancora oggi viene prodotto da numerosi caseifici a conduzione familiare in tutta la Svizzera tedesca, ma anche da alcune grandi industrie alimentari. Il numero di caseifici coinvolti nella produzione di Emmentaler è da anni in declino. Nel 1990 vi erano 800 produttori di questo formaggio in tutto il paese.

Oggi vi sono ancora 149 caseifici che producono l'Emmentaler DOP(Denominazione di Origine Protetta). Nonostante la diminuzione dei produttori, il mercato è saturo da molti anni. I negozianti, che non riescono a rivendere tutte le partite acquistate, impongono prezzi molto bassi ai produttori. Per i piccoli casari sta diventando quindi sempre più difficile sbarcare il lunario. "I produttori ricevono solo 5,60 franchi al chilo per l’Emmentaler.

Questo prezzo è troppo basso per consent ire la sopravvivenza dei piccoli caseifici”, rileva Franziska Borer, direttrice dell’associazione Emmentaler Switzerland. "Dal momento che ricevono così poco dai negozianti, a loro volta i caseifici non possono offrire ai produttori di latte prezzi sufficienti per coprire i loro costi. Vi è quindi il rischio che questi ultimi vendano il loro latte altrove o che cessino addirittura la loro attività”, aggiunge Franziska Borer, secondo la quale dei contingenti potrebbero permettere di far risalire i prezzi, in modo da rispecchiare maggiormente il vero valore del latte e del formaggio.
Concorrenza dall'estero Un altro problema per il settore è legato al fatto che il mercato svizzero e quello internazionale sono inondati da Emmentaler di basso prezzo, fabbricato da industrie alimentari con sistemi di produzione automatizzata in diverse parti d'Europa e degli Stati Uniti.

Tale formaggio è ottenuto da latte pastorizzato, prodotto da mucche nutrite con foraggio insilato e aromatizzato con l’aggiunta di speciali batteri. L’Emmentaler DOP svizzero non contiene invece ingredienti artificiali. Il latte proviene da mucche nutrite solo con erba o fieno. La sfida per Emmentaler Switzerland è quella di rendere i consumatori consapevoli delle differenze tra i due metodi di produzione. L’organizzazione consacra circa l'80% dei contributi obbligatori provenienti dai suoi membri per le attività di marketing.

 

 

 


Marchio di qualità

 

L’Emmentaler originale svizzero ha ottenuto il marchio DOP nel dicembre 2006. Le forme rotonde di formaggio, del peso di 90 a 110 kg, sono munite del marchio Emmentaler Switzerland.
I produttori possono inoltre stampare anche il loro numero individuale di produzione sulle forme di formaggio. Questi marchi sono una garanzia di qualità e contribuiscono a proteggere il prodotto originale dai tentativi di falsificazione. Per ottenere il marchio DOP, i caseifici devono attenersi a standard molto elevati di produzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"La qualità del formaggio proviene dal modo con il quale le mucche sono tenute, da ciò che mangiano e dall’ambiente in cui vivono. Seguiamo inoltre norme molto severe per la mungitura", spiega Andreas Bernhard, presidente dell'associazione dell’Emmentaler di Ursenbach, nel canton Berna, che raggruppa 18 produttori di latte. Nella fattoria dell’agricoltore vi sono 35 mucche che pascolano sulle verdi colline della regione.  Dei campioni di latte devono essere spediti regolarmente ad un laboratorio per verificare che non contenga batteri addizionali e antibiotici. Il latte contenente simili additivi non può essere venduto o utilizzato per la produzione di formaggio. Il caseificio di Ursenbach è gestito dai fratelli Fritz e Hans Lehmann.  Producono quattro forme di Emmentaler al giorno, che vengono stagionati per quattro mesi e sottoposti a rigorosi controlli. L’anno scorso i fratelli Lehmann hanno vinto il secondo premio in un concorso nazionale organizzato da Emmentaler Switzerland. Ciononostante, anche loro devono far fronte ad un futuro incerto. "Credo che potremmo vendere più Emmentaler DOP, se si investisse maggiormente nella promozione.

 

 

 

 

 

Per fare questo occorre più tempo, più persone, più passione”, afferma Fritz Lehmann.
“Il mercato è invaso da prodotti concorrenti. Bisogna quindi insistere sul fatto che il vostro prodotto è il migliore".Necessarie nuove quote.
.Nel caso in cui fossero di nuovo introdotte delle quote di produzione, l'organizzazione dei produttori di formaggio Fromarte intende creare un'unica società di commercio per gestire tutte le ordinazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

La Svizzera e la lotta contro
il riciclaggio di denaro

 

 

Joseph Hardegger temetra l’altro che la società voluta da Fromarte rappresenti esclusivamente gli interessi degli agricoltori e dei caseifici. "A breve termine, le quote possono aiutare a risolvere i problemi del settore e a ridurre la sovrapproduzione. Ma a medio e lungo termine, le forze di mercato dovrebbe subentrare e regolarizzare la produzione". A detta di Franziska Borer, invece, le forze di mercato avranno il sopravvento se il governo non imporrà le quote per tutti i produttori. Una prospettiva cupa, a suo avviso. L’Emmentaler DOP resterà in ogni caso ancora per molto tempo il formaggio più esportato dalla Svizzera. In Europa si fa risalire l'utilizzo di cani per trainare slitte alla fine dell'anno 1000. Benché poco citata dagli storici questo mezzo di trasporto ha avuto una vasta diffusione sino al XIX seco

lo, anche a causa della scarsità di cavalli. Ad esempio sino al XVII secolo i regolamenti di polizia di Versailles e di Parigi proibivano il transito di mezzi trainati da cani. Nel 1897 59 dipartimenti francesi permettevano la circolazione di slitte trainate da cani, mentre in 28 tale pratica era formalmente proibita. 

 

 

 

 

 

 

Fondi di provenienza criminale – no grazie!

 

 

Tra le numerose voci all’attivo della piazza finanziaria svizzera, la buona reputazione gode di priorità assoluta. È dunque nel massimo interesse della Svizzera proteggersi dai fondi di provenienza  criminale e salvaguardare la propria reputazione. Nell’ambito del riciclaggiodi denaro esiste una capillare rete di difesa, periodicamente adeguata agli ultimi sviluppi. In tal modo, la piazza  inanziaria segnala che ogni tentativo di riciclaggio di denaro può compromettere il suo buon nome L’indipendente «Financial Action Task Force on Money Laundering

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Guardia svizzera

 

La Guardia svizzera presiede, congiuntamente con il Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, alle cerimonie nella basilica di San Pietro e nell'aula Paolo VI; si occupa inoltre del controllo degli accessi in Vaticano e, durante la sede vacante, della protezione del collegio cardinalizio.

L'uniforme ufficiale delle guardie svizzere è di colore blu, rosso e giallo scuro, con dei distinti tratti rinascimentali.

La diffusa opinione che l'uniforme sia stata disegnata da Michelangelo, dovuta anche al fatto che l'artista si trovava a Roma all'arrivo del primo contingente di soldati elvetici, è tuttavia una sorta di leggenda: l'attuale divisa, infatti, è stata concepita dal comandante Jules Repond agli inizi del XX secolo, ispirandosi alle divise storiche e all'opera di Raffaello[3]. In particolare, i colori blu e giallo si ispirano a quelli contenuti nello stemma familiare di Papa Giulio II della Rovere, il fondatore del Corpo, mentre il colore rosso a quello contenuto nello stemma di Papa Clemente VII della famiglia Medici.

Lo stemma di Giulio II è ripreso anche sull'elmetto, più propriamente un morione: infatti una quercia sbalzata campeggia su entrambi i lati del copricapo d'argento, ornato con piume di struzzo di diverso colore a seconda del grado del militare. Il morione viene indossato, in combinazione con il pettorale di una corazza del XVII secolo, in occasioni speciali, sfoggiato nella grande uniforme.Le guardie svizzere dispongono anche di un'uniforme da lavoro, più comoda rispetto a quella tradizionale: essa consiste di pantaloni e casacca di colore blu e un basco di colore nero.

 

  

Irpini in Svizzera

 

 

Quasi 10mila irpini si sono riversati in Svizzera nell’ultimo decennio. Una cifra non ufficialmente quantificata a causa di movimenti definiti “irrintracciabili”, e che si appresta a rientrare nella sacca migratoria che caratterizza Avellino come la seconda città italia na nella classifica delle Comunità Italiane in Svizzera in termini numerici, con oltre 25mila presenze.L’esito del referendum di domenica scorsa, contro “l’immigrazione di massa” si prepara dunque non solo a minare le fondamenta dell’Unione Europea con una netta bocciatura del trattato di Schengen, e a destabilizzare l’assetto economico internazionale, quanto a imporre una brusca frenata all’esodo irpino e all’emorragia di capitale umano verso nord.

Nonostante la crisi economica e produttiva, la Svizzera è riuscita a mantenere una disoccupazione stabile al di sotto del 4 per cento, calamitando l’attenzione di migliaia di giovani, che guardano ai confini d’oltralpe come una nuova America a cui guardare.12pt.

Per la prima volta nella storia, si approva un referendum per limitare la circolazione in Svizzera degli stranieri: leggendo gli esiti delle votazioni emerge un voto chiaramente contro gli italiani” argomenta Toni Ricciardi, ricercatore irpino presso l’Un iversità di Ginevra e redattore del Rapporto Italiani del Mondo della Fondazione Migrantes, e autore del libro “Associazionismo ed emigrazione. Storia delle Colonie Libere e degli italiani in Svizzera”.“

Nell’immediato questo provvedimento non produrrà alcun effetto, così come per quanti vivono in pianta stabile non ci saranno ripercussioni, è ovvio, ma ce ne saranno in futuro per le migliaia di irpini, intesi come “braccia” pronti a partire in qualsiasi momento”. Nella classifica delle comunità italiane in Svizzera, la Regione che conquista il primato è la Lombardia, mentre in riferimento alle provincie, Lecce si attesta al primo posto con 45mila presenze, seguita da Avellino. Gli stranieri in Svizzera rappresentano il 23 per cento della popolazione, mentre in Italia appena il 7 per cento. Accostando la lente di ingrandimento all’Irpinia, invece, la presenza di stranieri è quantificata intono al 3 per cento. “A tutt’oggi le stime attestano la presenza di oltre 100mila lavoratori in nero, un numero destinato a gonfiarsi a seguito di questa votazione: con questo provvedimento si assisterà ad un’amplificazione del lavoro sommerso e della clandestinità, con conseguenze devastanti”.La comunità italiana in Svizzera è di circa 300mila persone, “Anche se di fatto sono oltre i 500mila, perché molti hanno acquisito la doppia cittadinanza” continua Ricciardi. “Il dato preoccupante da prendere in considerazione è stata l’espressione di voto manifestata dal Canton Ticino, dove è stato registrato il 68 per cento dei consensi a favore della limitazione degli ingressi: un voto che si traduce con un divieto imposto agli italiani. Nel cantone tedesco invece e verso est, sono state innalzate barriere contro l’ingresso dalla Croazia, Slovenia e Polonia; una esclusione di fatto sancisce una netta bocciatura all’Unione Europea e alla libera circolazione di merci e persone”. Altro risultato è stato registrato invece nelle città di Ginevra e Basilea, che hanno meno frontalieri rispetto ai confini, e che rappresentano il cuore del mondo accademico internazionale e il top dell’internazionalizzazione e innovazione.“Già negli anni ’70 fu proposto un referendum sul tema, ma l’iniziativa fu respinta a causa di un ripensamento dovuto all’elevato costo di un’iniziativa referendaria e perché gli stranieri rappresentavano una buona fetta di produttività. Intanto, è bene sottolineare che le spinte reazionarie arrivano sempre dove si registrano i trend economici più bassi: è là che si alimenta il dissenso, causato nell’ultimo quinquennio da una stringente crisi economica e una elevata pressione fiscale. La storia dunque si ripete, e c’è sempre un sud del mondo a cui fare riferimento”. A detta del ricercatore, la Svizzera è uno Stato troppo piccolo per gestire l’economia internazionale, ma con una grande forza destabilizzante per l’equilibrio politico. “Siamo di fronte al primo vero campanello d’allarme sulla tenuta dell’Unione Europea, che dopo i drammatici eventi di Lampedusa, potrebbe essere pronta ad aprire effetti di emulazione, e a spingere verso posizioni xenofobe e razziste” conclude.

 

 

 

L’emigrazione in Irpinia 

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L’emigrazione è stata un fenomeno che ha contraddistinto fortemente la storia nel nostro paese: simbolo di difficili condizioni di vita e di profonde disparità sociali, ma anche elemento di diffusione nel mondo delle nostre capacità professionali e lavorative e della nostra cultura e tradizione. L’emigrazione in Campania è legata alle vicende dell’unificazione di Italia, che evidenziò le notevoli disparità sociali, culturali ed economiche esistenti tra nord e sud, evidenziando la realtà meridionale come il punto più debole per la ripresa e sviluppo del paese.
Fu cosi che, per sfuggire ad una condizione esistenziale fatta di privazioni e di miserie, masse sempre più cospicue furono costrette ad abbandonare i luoghi di origine per trovare lavoro altrove.
Tra il 1875 e il 1915 dalla provincia di Avellino partirono 284.881 emigranti; quasi tutti partirono soli lasciando le rispettive famiglie nei paesi nativi. Alcuni di essi vendettero le loro terre, gli animali, altri ipotecarono la loro proprietà fondiaria al fine di accumulare la somma bisognevole per il viaggio.I due conflitti mondiali bloccarono gli espatri, ciò nonostante dal 1915 al 1921
oltre 50.000 irpini abbandonarono la terra di origine. Con il ritorno dei reduci delle due guerre l’Irpinia si trovò in una situazione economicamente e socialmente tragica: ciò si sposava bene con il bisogno da parte dei paesi europei più ricchi di manodopera a basso costo. Cosi gli Irpini salutarono il confine italiano in cerca di una vita migliore. I flussi emigratori erano orientati verso le aree economicamente più forti. I principali paesi di accoglienza furono: Francia, Svizzera, Germania, e Belgio in Europa, Stati Uniti, Argentina, Canada, Venezuela e Australia oltre oceano. Nell’Italia meridionale il primato degli espatri spettò alla Sicilia con il 12% mentre la Campania si collocava al settimo posto con il 2,07%. Un popolo di pastori, di braccianti, di analfabeti si sradicò dall’intimo e protettivo luogo di origine per proiettarsi su nuovi scenari umani e ambientali.Come tanti emigranti, trovarono grandi difficoltà sia nella lingua che nella cultura e nel modo di vivere differente. Avevano la nostalgia per il paese nativo, il ricordo dei giorni felici, delle feste che li portava indietro nel tempo, alla loro infanzia. Sentivano il bisogno di mantenere un posto dove incontrarsi tra persone con le stesse origini culturali. Alle condizioni di enormi privazioni, in cui era costretta gran parte della popolazione irpina, si aggiunse il 21 agosto 1962 un terremoto che scosse l’irpinia dell’ottavo grado della scala Mercalli. In massa furono costretti ad emigrare, con la valigia di cartone legata con lo spago e con in tasca il biglietto con l’indirizzo di dove andare. Negli anni dal 1961 – 1971, si è avuto il maggior numero di espatri. Il 23 Novembre 1980 la terra tremò nuovamente: le zone interessate furono la Campania e la Basilicata. In seguito a questo avvenimento il governo spostò la sua attenzione nelle aree interessate dal terremoto, cercando di sviluppare il territorio con la creazione di nuclei industriali. Si aprì cosi, una nuova epoca per l’irpinia che poteva cancellare il trauma dell’emigrazione in quanto i lavoratori erano incoraggiati a trovare un occupazione nella propria provincia.

Italo-svizzeri famosi

 

 


 

 

 

    Umberto Barberis, calciatore
    Tranquillo Barnetta, calciatore
    Diego Benaglio, calciatore
    Gaetano Berardi, calciatore
    Ernesto Bertarelli, imprenditore
    Sébastien Buemi, pilota
    Massimo Busacca, arbitro
    Franz Calì, calciatore
    Fabian Cancellara, ciclista
    Fabio Celestini, calciatore
    Davide Chiumiento, calciatore
    Dario Cologna, sciatore
    Massimo Colomba, calciatore
    Roberto Di Matteo, calciatore
    Gilbert Facchinetti, imprenditore
    Benito Mussolini
    Carlo Frigerio, anarchico
    Massimo Lombardo, calciatore
    Massimo Lorenzi, giornalista
    Sofia Milos, attrice
    Mauro Martelli, pugile
    Lolita Morena, attrice (Miss Svizzera 1982)
    Marco Padalino, calciatore
    Marco Pascolo, calciatore
    Raimondo Ponte, calciatore
    Denis Rabaglia, regista
    Eugenio Santoro, scultore
    Emanuele Filiberto di Savoia, principe e conduttore TV
    Franco Sbarro, imprenditore
    Deborah Scanzio, sciatrice
    Enrico Scacchia, pugile
    David Sesa, calciatore
    Ciriaco Sforza, calciatore
    Serge Trinchero, calciatore
    Jean-Yves Valentini, calciatore

    Fabrizio Zambrella, calciatore
    Monica Zanchi, attrice

Le visite mediche

 

A Chiasso, nel così detto lazzaretto, gli emigranti erano spruzzati di zolfo. Facevano loro la lastra con i raggi röntgen per accertare che non avessero la tubercolosi. La Svizzera voleva braccia fort

i e sane. Se superavano gli esami, ricevevano il timbro d’entrata sul passaporto. Se malaticci, si ritrovavano stampigliata una R. Erano i respinti. Chi non aveva il permesso di dimora, era marcato con una X. Erano gli indesiderabili. Chi superava il blocco sanitario e di polizia viveva nelle baracche, con la ‘fisella’ sotto il letto.

 

Non si poteva portare la famiglia in Svizzera. Il ricongiungimento familiare era ‘verboten’. Fu autorizzato dopo innumerevoli denunce sui giornali. Il racconto e le foto dei figli nascosti nell’armadio della baracca-dormitorio intenerirono gli Svizzeri, arcigni ma non insensibili.

Mascia e Corrado L’Unesco - Svizzera riunì a Liestal, vicino Basilea, un gruppo d’intellettuali, operatori sociali ed economici, funzionari statali e giornalisti. C’ero anch’io. Si discusse a lungo sui termini assimilazione o integrazione. Fu proposto di utilizzare la radio e la televisione per aiutare i Gastarbeiter ad assimilarsi o ad integrarsi. Il perbenismo elvetico scartò il termine di ‘fremden’, stranieri. Ma quel Gast (ospite) era un’invenzione linguistica, niente di più.

 

  

    "Vietato ai cani e agli italiani!"

 

 

Gli italiani in Svizzera oggi sono spesso presentati come un modello d'integrazione riuscita. La memoria degli uomini però è corta: fino a pochi anni fa erano in testa alla hit-parade della xenofobia, come ricorda il libro "Des Ritals en terre romande"."Ritals", "Piafs", "Pioums", "Maguttes"…

I nomignoli intraducibili affibbiati agli emigranti italiani nelle regioni di lingua francese sono moltissimi.Un'immigrazione che, come testimonia questa lunga lista di spregiativi, è stata tutt'altro che semplice. Alcuni decenni fa, lo straniero, il corvaccio, l'uomo col coltello era l'italiano […], il capro espiatorio responsabile di tutto ciò che non funzionava bene in Svizzera, che doveva solo lavorare e chiudere la bocca", ricorda nel preambolo Raymond Durous.

Nel suo libro, lo storico vodese ha raccolto le testimonianze di 22 emigranti o figli di emigranti italiani, giunti in Svizzera nel corso di una delle tre grandi ondate migratori e: nella seconda metà dell'Ottocento, nel primo dopoguerra e dopo la Seconda guerra mondiale

 

 

   Un passato fatto di povertà

 

 

Le storie de gli immigrati italiani sono spesso caratterizzate da un passato simile, fatto di povertà e a volte di soprusi, proseguite lungo un percorso sinuoso, doloroso. Storie che, comunque, si sono concluse frequentemente con la conquista di un posto al sole, guadagnato grazie "a una tenace volontà, a un lavoro accanito e al prezzo di grandi sacrifici", sottolinea Durous.Sacrifici come quelli fatti da Dante Baudrocco, nonno della scrittrice Mireille Kuttel-Baudrocco, partito nel 1896 da Sala Biellese, in Piemonte.

 

Dopo anni passati a risparmiare e ad inviare denaro alla moglie, rimasta in Italia assieme ai cinque figli, riuscì a creare a Losanna assieme ai fratelli una sua ditta di costruzioni, diventando così benestante.Un agio che non poté mai cancellare gli anni di povertà, "una po vertà che non conosceva più da tanto tempo, ma di cui continuava a serbare il ricordo angosciante", ricorda Mireille Kuttel-Baudrocco evocando la nonna

 

 

 

 


 

 

Mireille Baudrocco
   

 

 Infanzie rubate

 

Dai racconti emergono però soprattutto le pagine più buie della storia dell'emigrazione italiana in Svizzera.

Come quella delle centinaia di bambini figli di stagionali (forse 5'000 all'inizio degli anni '70), che dovevano vivere nascosti, poiché in virtù del permesso di lavoro dei loro genitori non potevano risiedere, per legge, in Svizzera.

Una realtà raccontata in un toccante film del regista operaio Alvaro Bizzarri ("Lo stagionale", girato nel 1971) e vissuta anche dall'attuale senatore della Repubblica Claudio Micheloni, che alla fine degli anni '50, quando aveva tre anni e mezzo, dovette rimanere rintanato per due anni in un appartamento di Boudry, nel canton Neuchâtel.Dal canto suo, Maria Paris, originaria di un villaggio nei pressi di Bergamo, non potrà mai dimenticare il 20 agosto 1946, data del suo viaggio in treno da Milano a Losanna.

Arrivati alla stazione di Briga, tutti gli immigranti italiani furono fatti completamente spogliare in due tristi capannoni, dovettero farsi una doccia prima di essere cosparsi di DDT e passare la visita medica.

 

 

 

 

 

Una donna incinta che rifiutava di svestirsi fu rispedita alla frontiera seduta stante.

Qualche anno dopo, la procedura del "controllo del bestiame" – come la definisce Maria Paris – dovette essere modificata: una 23enne italiana che rientrava a Neuchâtel dopo le feste di Natale prese freddo durante la visita medica a Briga e morì due settimane più tardi di broncopolmonite.

 

  

 

 

 

La xenofobia

 

 

James Schwarzenbach

Se la vita per gli emigranti italiani non è mai stata facile, particolarmente penoso fu il periodo a cavallo tra gli anni '60 e '70, caratterizzato dalle iniziative Schwarzenbach contro "l'inforestierimento".
Anni grigi d
Fotourante i quali "certe persone non hanno perso un'occasione per far sentire a noi, gli italiani, che valevamo molto meno degli altri",
scrive Massimo Lorenzi, volto noto della Televisione della Svizzera romanda, nella sua prefazione intitolata in modo emblematico "Senza rancore, ma senza oblio". Manuela Salvi, oggi giornalista alla Radio della Svizzera romanda, ricorda quando nel 1974, all'età di 14 anni, dei compagni si prendevano gioco di lei perché se l'iniziativa "Per la protezione della Svizzera" fosse stata accettata sarebbe forse stata rispedita in Italia.   

A ormai quasi quarant'anni di distanza, Oscar Tosato, membro dell'esecutivo della città di Losanna, sente ancora salire la rabbia quando pensa
al giorno in cui vide affisso all'entrata di una discoteca di Bienne un cartello con la scritta "Vietato ai cani e agli italiani". James Schwarzenbach (Rüschlikon, 5 agosto 1911 – Sankt Moritz, 27 ottobre 1994) è stato un politico svizzero di destra, a capo dell'Azione Nazionale e poi del Movimentorepubblicano.
Schwarzenbach fu membro del Consiglio nazionale per il partito Azione Nazionale nella legislatura 1967-1971. Il Movimento repubblicano di Schwarzenbach venne creato in seguito a una scissione dell'Azione Nazionale nel 1971, con cui si riunì nel 1990 per creare i Democratici Svizzeri. Schwarzenbach è principalmente noto per la sua campagna contro l'inforestierimento, nota come "iniziativa Schwarzenbach", che culminò con un referendum popolare, che si tenne il 7 giugno 1970.

 

     Valentin Oehen

Valentin Oehen, né le 26 juin 1931 dans le canton de Lucerne1, est une personnalité politique suisse membre des Démocrates suisses. Nommé président des démocrates suisses en 1968, il quitte le parti en 1986 pour fonder le Parti écologiste libéral à la suite d'un différend entre lui et Markus Ruf  Il est élu de  1971 à 1987 au Conseil national comme réprésentant du canton de B erne1. Pendant cette période, il participe au lancement de certaines initiatives suisses contre la surpopulation étrangère, en particulier en présidant l'«action nationale contre la surpopulation étrangère» en 19723 qui dépose, le 26 octobre 1979 l'initiative populaire « contre le bradage du sol national », refusée en votation populaire le 20 mai 1984.En mai 1988, il annonce la dissolution de son parti à la suite de problèmes financiers liés au manque de succès électoraux et se retire de la vie politique, ne conservant que son mandat de député au Grand conseil du canton du Tessin

 

 

 

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En 1979, le Conseil national rejette par 131 voix contre 3 son initiative parlementaire réclamant la réintroduction de la peine de mort pour l'assassinat et la prise d'otages.

 

 

 

 

 

 

 

 

  

    Christoph Blocher


Sciaffusa, 11 ottobre 1940 è un politico e imprenditore svizzero.


È considerato il leader emblematico dell'Unione Democratica di Centro (UDC), il partito di destra maggioritario in Svizzera, ed è stata la sua guida a spingere l'UDC in direzione sempre più borghese scostandosi dalla tradizionale definizione di "partito agrario". Questo ha portato in diverse occasioni a screzi con alcune sezioni cantonali del partito (in particolare con le sezioni bernesi e grigionesi) che si riconoscevano maggiormente nell'indirizzo agrario del movimento.
Sotto la sua guida l'UDC ha ottenuto, nelle elezioni federali elvetiche del 2007, il migliore risultato mai conseguito da un partito dal 1919 (29% dei votanti) consolidando ulteriormente la posizione di primo partito svizzero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Dal 2004 è stato membro del Consiglio federale elvetico, dove dirigeva il Dipartimento federale di giustizia e polizia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Accusato da numerosi ambienti politici di scarso rispetto per la collegialità, il 12 dicembre 2007, venne estromesso a favore della collega di partito Eveline Widmer-Schlumpf nel secondo turno dello scrutinio, raggiungendo 115 voti contro i 125 della rivale. L'elezione della ministra grigionese che non era candidata, venne sostenuta soprattutto dal fronte democristiano, socialista e dai verdi.

La non-rielezione di Blocher ha rappresentato un fatto più unico che raro nel panorama politico svizzero. La formula magica e il principio della concordanza tra i partiti di governo, infatti, rendono solitamente scontata la rielezione dei consiglieri federali uscenti.
Nel 1983 Blocher ha acquistato la quota maggioritaria della EMS-Chemie Holding; un'industria chimica attiva a Domat/Ems, nei Grigioni, di cui è diventato delegato del consiglio d'amministrazione sino alla sua elezione a Consigliere Federale (momento in cui ha ceduto la propria partecipazione ai suoi quattro figli).

 

 

Giuliano Bignasca il Bossi svizzero

 

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Originario di Cavergno, domicil iato a Lugano, presidente del movimento della Lega dei Ticinesi, da lui stesso fondato nei primi anni novanta, con un richiamo esplicito alla Lega Lombarda-Lega Nord di Umberto Bossi. È stato consigliere nazionale dal 1995 al 1999 - Camera bassa del Parlamento elvetico - e, dal 2000 fino al 2013, è stato municipale per il Comune di Lugano.
Scalpellino di formazione e, in gioventù, calciatore (nell'FC Lugano) in serie A svizzera, dirige con il fratello Attilio un'impresa di costruzioni (la A+G Bignasca di Lugano) e siede nel Consiglio di amministrazione di alcune società.

Nel 1989 e nel 1993 viene condannato per detenzione di sostanze stupefacenti. Paladino dell'antifrontalierato italiano, nel 1993 venne condannato dalla Corte di Lugano per aver impiegato una dozzina di operai jugoslavi senza permesso di lavoro.Nel 1990 crea, insieme con Flavio Maspoli, il domenicale a distribuzione gratuita Il Mattino della Domenica, nel quale scrive articoli argomentando con stile graffiante e privo di eufemismi, ed a volte esprimendosi sopra le righe, temi quali l'opposizione all'ingresso della Svizzera nell'Unione europea, la richiesta di precedenza ai residenti in Ticino nell'assegnazione dei posti di lavoro, la necessità del mantenimento dell'autonomia dei Cantoni e altri. Al settimanale si affianca, a partire dall'ottobre 2007, il quotidiano su Internet MattinOnline.ch.
Ha fatto scalpore coi suoi modi con la prima pagina "Troppi neri in nazionale", riferendosi ai giocatori della nazionale svizzera di calcio. Istituì, provocatoriamente, una taglia sui radar per il controllo della velocità dicendo di pagare 500 franchi per ogni scatola di radar e 1500 per l'intero apparecchio. Per questo motivo è stato condannato per "pubblica istigazione alla violenza e ingiuria" dal tribunale distrettuale di Bellinzona.[1] In televisione tende a esprimersi senza mezzi termini. Bignasca fa parlare di sé anche in Italia quando, nel 2005, invita il capo della Lega Nord Padania Umberto Bossi a tenere un comizio a Lugano, nell'ultima dimora del federalista lombardo Carlo Cattaneo.


Nello stesso anno sostiene la nascita del gruppo dl Movimento dei Giovani Leghisti, formazione giovanile all'interno del movimento. Nell'ottobre 2006 il gruppo stipula un Patto di gemellaggio con il Movimento Giovani Padani della Provincia di Lecco, movimento giovanile della Lega Nord, guidato dal mandellese Giovanni Pasquini, vicecoordinatore del MGP locale. Alla firma dell'accordo sono presenti il granconsigliere ticine
se Norman Gobbi ed il coordinatore federale MGP Paolo Grimoldi. Fra le iniziative comuni sorte a seguito dell'accordo internazionale, una petizione da presentare al consiglio di Stato di Bellinzona affinché nelle province lombarde vicine al confine svizzero si possa tornare a ricevere la Televisione svizzera di lingua italiana (TSI) come già avveniva sino a metà degli Anni '90, senza l'uso del decoder.
Il 1º aprile 2007, grazie al sostegno della candidatura del consigliere di Stato Marco Borradori, la Lega si impone alle elezioni come secondo partito del cantone con il 19.68% dei consensi, ad una distanza di quasi il 2% circa rispetto al primo partito, il Liberali-Radicali. Viene anche eletto come membro del Gran Consiglio il figlio di Giuliano Bignasca, Boris Bignasca. Il 21 ottobre dello stesso anno, in occasione delle consultazione federali, strappa un buon risultato per la Lega ottenendo il 12.6 % dei consensi cantonali e la riconferma del seggio a Berna per il fratello Attilio Bignasca.

Il 2 febbraio 2010 si incontra di nuovo con Bossi a Lugano per parlare dello scudo fiscale, dei "fiscovelox" della Guardia di Finanza e per parlare del segreto bancario nell'economia ticinese e dell'Insubria. Alle elezioni cantonali del 2011, la Lega dei Ticinesi di Bignasca incrementa ancora i propri consensi. Con il 19,62% dei voti si conferma il secondo partito nel legislativo (dietro al Partito Liberale, con il 21,29% delle preferenze)[3], ma - grazie alla alleanza elettorale con l'UDC - diviene il partito di maggioranza relativa nell'esecutivo cantonale (il Consiglio di Stato) con il 25,94% dei voti, superando, per la prima volta, il Partito Liberale (che ottiene il 21,99% dei consensi)
Nel 2011 si è incontrato con l'ex ministro dell'interno della Lega Nord Roberto Maroni a Lugano dove si è avuto un incontro su temi prettamente fiscali.
Alla fine di agosto dello stesso anno si lancia in una nuova impresa editoriale. In aperta critica al tabloid gratuito "20 Minuti", creato da TA media (potente gruppo editoriale della Svizzera tedesca, fonda il trisettimanale dal titolo "10 Minuti-10 Minüt", che distribuisce nelle stesse cassette del "Mattino della Domenica". Il taglio giornalistico non si discosta significativamente dal fratello maggiore ed anche in questo caso non manca di generare ampio dibattito e polemiche fra gli avversari politici della Lega FotoBossi  
 

È scomparso improvvisamente a Canobbio vicino Lugano all'età di 67 anni il 7 marzo 2013 alle 8:30 del mattino.L'8 marzo è stata fatta l'autopsia all'Istituto patologico di Locarno che ha stabilito che la morte è avvenuta per cause naturali, Bignasca infatti soffriva da tempo di disturbi cardiocircolatori, tanto è vero che sulla stampa si parlò di possibili cause come aneurisma cerebrale o infarto.I funerali di stato si sono svolti il 9 marzo con un corteo che è partito dalla sede della Lega dei Ticinesi fino al cimitero di Lugano dove è stato sepolto, al funerale hanno partecipato 5.000-6.000 persone ed erano presenti alcuni membri importanti della Lega Nord come Umberto Bossi, Roberto Maroni, Mario Borghezio, Francesco Speroni e lo "stato maggiore" della Lega dei Ticinesi con i consiglieri di stato Marco Borradori, Norman Gobbi e del sindaco di Lugano Giorgio Giudici, il fratello Attilio e il figlio Boris.

 

 

 

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Al funerale era presente l'esercito svizzero che sventolava bandiere del D
ucato di Milano, dell'Insubria e a quelle militari ticinesi e delle Guardie di Confine svizzere.   

 

 

 

 

 

 

 

 

           

 Oscar Tosato et Massimo Lorenzi

 

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Oscar Conseiller municipal à Lausanne. Directeur de l'Enfance, de la jeunesse et de l'éducation. Né en 1956, originaire de Couvet (CH) et Castelfranco Venet . Marié avec Danièle, O scar Tosato a 3 enfants: Nathalie, Magali et Elena. Enseignant à Bienne de 1976 à 1979, il rejoint le canton de Vaud en venant œuvrer comme travailleur social au Centre Social Protestant – La Fraternité, à Lausanne, de 1982 à 2002.
Elu en 1998 au Conseil communal de Lausanne, il assumera la fonction de président du groupe socialiste avant son élection à la Municipalité, en 2002. Depuis quatre ans, il y est Directeur de l'enfance, de la jeunesse et de l'éducation.
Membre du syndicat SSP, sportif, Oscar Tosato a présidé la Fédération lausannoise des centres de loisirs et l'Association vaudoise des locataires, section Lausanne, pendant 10 ans. Actuellement, il poursuit son engagement associatif par la présidence d'ACOR SOS-RACISME Suisse.
Oscar Tosato est titulaire d'un brevet d'enseignant primaire et diplôme d'assistant social.


SI JE SUIS ÉLU(E), JE VEUX M'ENGAGER POUR...
Mon action politique ne s'arrêtera pas tant qu'une seule discrimination existera sur cette terre. Elu, je continuerai de proposer des mesures visant à une meilleure intégration de toutes les citoyennes et citoyens de la Ville. Pendant cette législature j'ai mandaté des associations, actives dans le domaine de l'accompagnement et du soutien aux enfants porteurs d'handicaps, afin qu'elles établissent un catalogue des obstacles qu'elles rencontrent dans l'accès aux prestations offertes aux jeunes de Lausanne. Je m'engage à proposer des solutions pour tendre vers l'égalité de l'accès aux prestations de la Ville par les enfants handicapés.

MON RÊVE POUR LAUSANNE, C'EST...
Mon rêve c'est que Lausanne soit une terre d'accueil. Une terre d'accueil pour toutes les formes de culture. Une terre d'accueil pour les opprimés. Une terre d'accueil pour les créateurs. Une terre d'accueil pour tous ceux qui veulent vivre ensemble. Les textes de présentation des candidats ont été rédigés sous la responsabilité de ceux-ci et de leur parti.

 

Massimo

est un journaliste de télévision suisse, né le 21 août 1961 à Genève. Il est binational suisse et italien.

En 1986, stage de journaliste au journal La Suisse, à Genève.  Il entre en 1989 à la Télévision suisse romande (TSR), à Genève, en qualité de journaliste, il collabore
successivement au TJ Midi, à Temps Présent et au TJ Nuit.
De 1993 à 1998, il présente le TJ Soir.

Dès 1998, il coproduit le magazine Viva. En 2001, il crée Autrement dit. En 2005, il enseigne au centre de formation TSR. Il est aussi coproducteur et coprésentateur d'Infrarouge.
Il sera coordinateur national pour la TSR de l’Euro 2008. Dès janvier 2009, il est rédacteur en chef des Sports à la TSR.

 

  

Né di qui, né di altrove

 

Queste vicende hanno perlomeno avuto un pregio: molti emigranti e i loro figli sono stati immunizzati dal virus della xenofobia, un virus che oggi assume le forme del musulmano, del balcanico o dell'africano… Molti, ma non tutti però, come sottolinea Manuela Salvi, parlando dell'enorme buco di memoria di quegli italiani, emigrati e non, che oggi hanno paura e addirittura a volte odiano lo straniero.

Le testimonianze raccolte da Durous hanno anche il merito di far venire a galla un sentimento di impossibile appartenenza. "Un piede sull'asfalto ginevrino, un altro in Veneto, non mi sento mai veramente al posto giusto", scrive sempre Massimo Lorenzi nella prefazione.

"Un sentimento d'estraneità, che a volte mi crea un certo malessere, ma che offre sicuramente un vantaggio: sono vaccinato contro ogni forma di patriottismo ad oltranza. Né patria da amare a dismisura, né bandiera davanti alla quale prostrarmi"

 

 

 

 

 

 

 Le donne svizzere

 Al di la di tutto questo,le ragazze svizzere di nascosto dai padri e fratelli volevano bene a questi poveri disgraziati venuti dal sud! Spesso si assisteva ad una vera competizione tra due sorelle che desideravano lo stesso ragazzo.

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 Viva gli spaghetti "italiani" 

Menschen wie Sie machen mich sterben.
Ich will dich, du bist meine einzige Liebe.
Ich liebe dich und Italien

 

 

Persone come te mi fanno morire.
Ti voglio, tu sei il mio unico amore.
Voi e l'Italia mi piacete

 

 

 

 

 

 

Un'ora per voi

Da “Un’ora per voi” a “Il ponte”
8 settembre 2010

 

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Al principio c’era “Un’ora per voi”. Imeno giovani se li ricordano ancora, Mascia Cantoni e Corrado, in quel programma pensato per  gli immigrati italiani in Svizzera. Il giorno della prima puntata era un sabato di maggio del 1964: solo quell’anno, in redazione sarebbero arrivate qualcosa come diecimila lettere. “Cercavamo braccia, sono arrivati uomini”, scrisse Max Frisch. Erano i tempi dell’Azione nazionale di Schwarzenbach, della campagna  contro “l’inforestierimento”, delle votazioni per espellere gli stranieri. Poi l’emergenza rientrò. Grazie anche a questa trasmissione che provava a mediare fra culture radicalmente diverse, a promuovere la conoscenza reciproca.

“Un’ora per voi” sarebbe andata avanti per un quarto di secolo. Ma gli ultimi anni era cambiato tutto. Gli italiani (e i portoghesi, e gli spagnoli) si incamminavano sulla strada dell’integrazione. Nuove comunità di immigrati, non più solo dall’Europa, cominciavano a formarsi in Svizzera. Rivolgersi ad esse, per la tv, è una sfida di grandi proporzioni. Gli ostacoli sono molti: primo fra tutti, l’abitudine diffusa a guardare i programmi dei paesi d’origine.


A raccogliere la sfida, in questi anni, è “Il ponte”, programma nato su Teleticino e ora prodotto da RSI nell’ambito di un accordo di coproduzione. Va in onda su LA 1 il sabato in coda al TG delle 12.30 (e a più riprese in replica sull’emittente di Melide). Condotto da Zlatko Hodzic, “Il ponte” racconta “le problematiche, le storie e i momenti di aggregazione dell’immigrazione nel nostro paese”. Le racconta ai diretti protagonisti, e cioè le donne e gli uomini arrivati in Svizzera in cerca di lavoro, sicurezza, stabilità.

Ma anche a chi in Svizzera c’è nato, e vive a volte con qualche apprensione la co  Fotonvivenza con culture diverse.« Signore e signori buonasera. Vogliamo fare conoscenza? Sono Corrado, e sono qui per presentarvi questo programma. I nostri incontri settimanali dureranno per parecchio tempo. Quindi cerchiamo subito di diventare buoni amici. Se siete disposti a considerarmi uno dei vostri, ne sarò veramente lieto. » (Corrado nell'introduzione della prima puntata de Un'ora per voi)

Un'ora per voi è stato un programma televisivo svizzero, trasmesso dal 1964 al 1989 a cadenza settimanale dalla SRG SSR idée suisse, dedicato agli emigrati italiani in territorio elvetico.
Il 23 maggio 1964 alle 18:00 iniziò ufficialmente la trasmissione del programma condotto da Corrado, affiancato inizialmente da due vallette, e successivamente da Mascia Cantoni fino al 1977.

Un'ora per voi fu frutto di un accordo tra la RAI e l'allora TSI, con lo scopo di aiutare l'integrazione dell'immigrazione italiana del tempo, che non godeva, come gode oggi, del broadcasting digitale delle reti italiane (Rai 1, Rai 2, Rai 3, Canale 5). La regia fu curata da Sergio Genni, storico regista dei programmi della TSI.

 

   

 
 

 Il calcio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stade Payene FC Azzurri

Ils venaient de Calabre, Lecce,  Naples, Venise, tous avaient deux choses en commun, le pays d’origine et les globules noirs et blancs, du ballon de foot dans le sang. Après longues discussions un groupe de passionnés décidèrent de créer une équipe de foot  "Gli azzurri" et avec l'aide du Stade Payerne de participer au championnat de 4ème ligue.

Il y avait des douées qui caressaient le ballon comme on caresse une femme et il y avait ceux qui ne l’avaient jamais vu, mais il en fallait 11 pour jouer un match…..A distance de 40 ans on peut rire mais à l’époque Luigi ne riait pas quand on se moquait de lui parce qu’il se refusait de prendre la douche, ou quand Francesco cherchait les chaussettes qui recouvraient tout le pied, même le bout. Puis il y avait tout un peuple qui ne jouait pas mais qui suivait partout les joueurs. Antonio se souvient  du premier match de championnat à Missy en 1964….C'était 10 heures du matin, les bords du terrain étaient noirs de monde quand deux vieux paysans:

 

 


-Louis ! C’est qui tous ces gaillards qui ne parlent point comme nous et qui gueulent sans arrêt ?
-C’est des italiens ! Armand, ils viennent jouer contre nous -

-Mais alors on est plus chez nous?

 


Dans la Broye c'était la seule équipe étrangère et cela faisait du bruit, gagner contre elle c'était une affaire nationale. Chaque rencontre c'était une "bataille". La réputation de l'équipe était faite et ils avaient beau s'appeler Payerne III, les "Azzurri" restaient des italiens fantaisistes et indisciplinés, créatifs et individualistes, sans entraîneur mais qu'ils gagnaient tous les matches sauf le dernier, le décisif contre la bête noir Granges Md qui les privaient régulièrement d'ascension en 3ème ligue.

 

Salvatore, un ancien joueur….
On croyait que tous les arbitres étaient contre nous, on ne comprenait pas pourquoi ils sifflaient quand on disait "lascia", on pensait que tous les hors jeux  n'existaient pas. Certes il y avait un peu de tout ça mais souvent on a exagéré a rouspéter.

 

 

 

 

 


 

 

 


-Louis ! C’est qui tous ces gaillards qui ne parlent point comme nous et qui gueulent sans arrêt ?
-C’est des italiens ! Armand, ils viennent jou
er contre nous -
-Mais alors on est plus chez nous