Sono trattati in questa pagina





Sopressata


Sasicchj


Prosciutti


Nnoglia


Sugna


Lardo


Pancetta


Capucuollu


Cotica




















 


















 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sopressata


Sasicchj


Prosciutti


Nnoglia


Sugna


Lardo


Pancetta


Capucuollu


Cotica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

La soppressata (la subbursata)

 

 

La sopressata è la regina dei nostri salumi. La preparazione si basa ancora su tradizionali lavorazioni artigiane e utilizza diverse parti del maiale: due parti di carne magra, il prosciutto e il filetto, e una di grasso. Una volta macellato, il maiale viene frollato, tritato (a punda ri curtiellu) e condito con sale e aromi, per poi essere insaccato in budello naturale. La stagionatura dura circa un mese e deve avvenire in locali opportunamente areati. Il risultato è un salume che ancora oggi conserva un sapore naturale e genuino, ma, al tempo stesso sofisticato. Ricordando Giuseppe Delli Gatti di “Campo”, uno dei più grandi maestri della soppressata: A zia, ru subbursatu s’hanna siccà cu ru fuocu e cu l’aria...mai cu ru correndu r’aria. Infatti a seconda dei venti apriva e chiudeva le finestre esposte ai quattro venti.

 

 

 


 

 

 

Li sasicchj


La salsiccia di carne suina prodotta in Campania, in particolare nelle zone interne della regione, è molto prelibata e celebre per il suo gusto particolare e la sua tradizionale forma a “u”. Per prepararla si utilizzano due parti magre una parte di grasso del suino, che vengono triturate, miscelate con sale e aromi. Generalmente si utilizzano sale, pepe e semi di finocchio, ma a volte il pepe viene sostituito dal peperoncino. Il tutto viene insaccato in budello naturale che viene legato e piegato ai due capi con un unico spago che prende la forma di una “u” molto stretta. Segue un processo di affumicatura e poi una stagionatura di circa 20-30 giorni.

 

 

 


 

Prosciutto

 

Tenuta Montelaura: la tradizione irpina e della Campania


L’Irpinia e la Campania sono legate a doppio filo alla cultura dell’allevamento del maiale. In ogni casa, fino a pochi decenni or sono, nella cucina delle famiglie contadine, dove d’inverno non mancava mai il caminetto acceso, bastava alzare un po’ gli occhi per ammirare ogni ben di Dio appeso alle classiche pertiche di castagno in beata esposizione al fumo che inevitabilmente proveniva dal fuoco acceso ventiquattrore su ventiquattro.

 

E lì c’era da tapparsi immediatamente occhi e naso, specialmente se l’ora era prossima al pranzo o alla cena. I profumi che inondavano l’ambiente erano tali e tanti che non appena il padrone di casa accennava un seppur formale invito alla tavola non ce lo si faceva ripetere due volte e ,rimandando qualsiasi impegno, ci si fermava molto volentieri a pranzo oppure a cena, e qualche volta anche a colazione o per la merenda pomeridiana.
Insomma ogni momento era buono per degustare quelle delizie della tradizione.

 

 

 

 

 
 

 

 

La nnoglia
   

La nnoglia o doglia di maiale è un salume tipico del territorio di Bagnoli Irpino, in provincia di Avellino, che si ottiene, come molti dei salumi tipici della regione dagli scarti della lavorazione del maiale. Per ottenere la nnoglia si utilizzano parti grosse e spesse dello stomaco e dell’intestino del maiale sottoposti a pressatura, affumicatura e a una stagionatura di circa 20-30 giorni. Le parti del maiale vengono lavate abbondantemente e messe in ammollo in acqua con bucce di arancio e mandarino per qualche giorno, per essere poi lavate, asciugate e miscelate con sale, peperoncino piccante in polvere e semi di finocchio selvatico, lasciandole macerare per circa dieci giorni. Passato il periodo di riposo, si procede all’insaccatura del tutto nel budello più capiente, si mette ad asciugare in ambiente fresco e ventilato. Caratterizzata da un gusto deciso e piccante, la nnoglia viene utilizzata principalmente per la preparazione della minestra maritata e, il giorno di Pasqua, per la preparazione della minestra di cicoria selvatica.

 

 

 

La sugna (la nzogna-la saìma)

In tutta la provincia diAvellino è ancora in atto la produzione di un ingrediente di molti piatti tradizionali ottenuto dalla lavorazione del grasso suino: la nzogna nella vescica. Il grasso del suino, per l’appunto la nzogna, cioè la “sugna”, viene lavorata e poi conservata in una vescica di suino. La vescica, prelevata durante l’uccisione del maiale, viene preparata subendo un lavaggio in una miscela di acqua e aceto aromatizzata con scorze di agrumi e lasciata solidificare in un secchio d’acqua fredda. La sugna, che viene ottenuta tagliando il grasso di maiale a tocchetti grossi e facendolo cuocere in un pentolone di rame stagnato su fuoco a legna fino a separare la parte liquida da quella solida, viene versata ancora liquida nella vescica precedentemente preparata, che viene poi appesa al soffitto o conservata in luogo fresco e asciutto per almeno 6-8 mesi.

 

 


 

Lardo

 

La consistenza e la maturazione delle carni rappresentano, quindi, degli elementi imprescindibili per la realizzazione di prodotti di eccellenza. Naturalmente moltissimo dipende anche dalla dieta che questi animali devono seguire. Il principio è quanto più varia è, meglio è. E allora l’uso tradizionale di alimentare i maiali a seconda della disponibilità stagionale è l’architrave della riuscita dei nostri salumi tipici. E così è naturale che a giugno, luglio ed agosto l’alimentazione a base di tritello di grano tenero sia integrata da zucche, zucchine e scarti di verdure; a settembre, ottobre e novembre, sostituendo l’alimento base tritello con farina di mais si integri con mele, ghiande e castagne.

 

 

 

L’ingrasso

Si prosegue poi con il «menù» da ingrasso: farina di mais e scarti di patate lesse e schiacciate(il cosiddetto pastone).  Fondamentale è anche l’uso di cuocere gli alimenti che vengono somministrati ai maiali, questo perché i suini hanno un’apparato digerente abbastanza “approssimativo” nel senso che non riescono a metabolizzare facilmente tutto quello che mangiano e buona parte di ciò se ne va in deiezioni.

Ora qualcuno si domanderà: ma quanto costa tutto questo? Sicuramente molto di più di quanto ci potrebbe costare il migliore prodotto industriale DOP, IGP, STP, o di qualsiasi altra sigla si voglia parlare. E sta proprio qui il nocciolo della questione: i disciplinari dovrebbero innanzitutto differenziare i prodotti artigianali da quelli industriali secondo i parametri anzidetti e poi andare a valutare le altre generiche prescrizioni. Non ha senso andare a paragonare un prodotto irripetibile(nel senso che non ci può essere standardizzazione), ad un prodotto industriale che per quanto buono possa essere, non avrà mai le diverse caratterizzazioni che un prodotto artigianale sicuramente potrà esprimere.

 

 

 

 

Pancetta arrotolata

In tutta la regione Campania, soprattutto nelle aree interne è diffusa la produzione della pancetta. L’abitudine di consumare tale salume risulta essere antichissima, risale, infatti all’epoca romana poiché in epoca imperiale i legionari ricevevano ogni tre giorni una razione di pancetta o lardo. Durante l’impero dei Longobardi, sappiamo che i manovali, all’inizio del lavoro stagionale, ricevevano una dose di pancetta a testa di circa cinque chili. Fino alla metà del’900, la pancetta, insieme ad altri grassi come lardo e strutto, è stata considerata una delle principali risorse energetiche per l’uomo, poiché questo salume, che si ricava dalla zona addominale del maiale, lavorato nelle diverse tipologie e forme, si presenta con strati alternati di parti grasse e magre, più o meno sottili. La pancetta arrotolata, a causa del suo stesso modo di preparazione porta la parte grassa all’esterno e la parte magra all’interno in modo che il sapore rimanga morbido e ben equilibrato.

 

 

 

 

Cotica

La cotica o cotenna è la pelle del maiale. Viene usata in cucina come alimento, entra come ingrediente principale in alcuni piatti tradizionali italiani come i fagioli con le cotiche o la cassoeula. Usata nella cucina contadina, quando del maiale non si buttava niente, riscuote meno successo nell'alimentazione odierna, che presta attenzione all'apporto di calorie e ai grassi.

 

 

 

 

 

Ricetta Pasta e Fagioli con Cotiche: Preparazione

Procurati tutti gli ingredienti è il momento di passare alla preparazione della pasta e fagioli con cotiche. Innanzitutto bisogna trattare la cotenna di maiale: farla bollire per qualche minuto, poi scolarla raschiarla.

Mettere a soffriggere un cucchiaio di strutto, un po’ d’olio, cipolla e aglio. Dopo qualche minuto aggiungere al tutto i pomodori e schiacciarli. Ancora qualche minuto ed è il momento di aggiungere i fagioli lessati.

Poi, ancora, aggiungere le cotiche ed allungare il tutto con il brodo preparato precedentemente. Salare e far cuocere per circa una mezz’ora (se necessario aggiungere altro brodo o un po’ d’acqua, semmai di cottura della pasta).

Nel frattempo lessare la pasta. Quando è tutto pronto unire e mescolare il tutto, aggiungendo un po’ di pepe. E’ il momento di servire.

 

 

 

 

 

 

 

Il capicollo (lu capucuollu)

 
La pratica del confezionamento degli insaccati nasce dalla necessità di conservare la carne dei maiali che vengono macellati nel periodo immediatamente precedente al Carnevale. Da questa usanza si sono sviluppate una moltitudine di ricette di salumi, a seconda delle zone e dei tagli utilizzati, oltre che > , naturalmente, dalle diverse modalità di manifattura.Il capicollo, o capocollo, è un insaccato prodotto utilizzando un taglio di carne ricavato dal dorso del collo del maiale, da cui si fa derivare il nome. In Campania la sua produzione è diffusa in tutta la regione, in particolare nelle aree interne come la Bassa Irpinia. È costituito da un unico taglio di carne intero, che viene salato e aromatizzato con spezie, insaccato, affumicato e lasciato stagionare da 2 a 4 mesi. Il capicollo presenta un diametro di circa 10-15 centimetri e una lunghezza di 30- 40 centimetri, è particolarmente profumato e ha una consistenza morbida e un gusto deciso e aromatico.