Le Nuscane

 
   
 

 
 

 

 

Sono tutte storie vere, solo i nomi, per ovvi motivi, sono immaginari

Le nuscane
(Le loro trasgressioni)

  

 

 


 

 

 

GIANNA


Mi chiamo Gianna, ho 20 anni, sposata. Il mio peccato l'ho commesso con Luigi 20 anni più vecchio di me, sposato. Fu un colpo di fulmine, me ne innamorai pazzamente. Fu una vera follia, rischiai di rovinare due famiglie. Non rimpiango nulla perchè fu bellissimo, ma oggi non lo rifarei.

Ero sposata da un mese quando lasciai Nusco per seguire mio marito in Svizzera, paese a me sconosciuto e dove mi annoiavo terribilmente.
Nel palazzo abitavano Luigi e la moglie Anna con i quali legai subito d'amicizia.

Spesso cenavamo insieme e la conversazjone scivolava nel politico, argomento a me caro in quanto allora ero una fervente militante del PCI. Luigi parlava così bene, un vero appassionato, lo ascoltavo incantata ma soprattutto lo guardavo, i capelli brizzolati mi ricordavano mio padre che amavo molto e di cui sentivo la mancanza.

A settembre per la chiusura del festival nazionale de l’Unità la sezione organizzò un autobus alla volta di Bologna ove arrivammo il sabato pomeriggio. Per il corteo della domenica avevamo preparato bandiere e striscioni e I’entusiasmo di incontrare il compagno Berlinguer era alle stelle. II sabato sera fummo ospiti alla casa del popolo di S. Giovanni in Persiceto ov’erano convenute tutte le autorità del paese. Il sindaco volle salutarci uno per uno prima di brindare alla salute di noi emigrati.

Dopo un lungo e caloroso applauso passammo a tavola per gustare le tante specialità emiliane. Seduta vicino a Luigi ero fiera e felice, dopo qualche bicchiere di sangiovese sentii il bisogno di comunicare fisicamente con lui, lo toccai col piede, lui ignaro mi chiese scusa ma quando cominciammo a cantare e la confusione aumentò, ci riprovai senza che lui mi scoraggiasse. Premevo con tutte le mie forze, gli davo dei calcetti, con la punta della scarpa riuscii a far leva e infilare il piede sotto il suo.

Non resistette a lungo, poco dopo sentii la sua mano accarezzarmi le ginocchia, mi vennero i brividi, glie la presi e la tirai più su sulla gamba, lui apprezzava e mi stringeva. anche se lo speravo non avrei mai immaginato che potesse corrispondere ai miei desideri. Con la maledetta paura che qualcuno potesse sorprenderci, io gioivo. Luigi se ne accorse e divenne pallido in viso, poi si allontanò.
La domenica mattino sfilammo per le strade di Bologna ed ebbimo il privilegio di aprire ii corteo con il nostro striscione: "Cli emigrati di Renens salutano Bologna democratica". Fu un trionfo, tutti applaudivano, molti correvano per abbracciarci, la gente lanciava fiori dalle finestre, e quando passammo sotto la tribuna d’onore, nessuno poté trattenere le lacrime al saluto di Enrico Berlinguer. 
Tornati da Bologna non trovai più la pace, ero tormentata, non riuscivo più a dormire, Luigi mi mancava maledettamente. Dovevo vederlo prima che la mia mente scoppiasse, avevo bisogno di lui.
Gli telefonai al lavoro: -devo parlarti, è troppo importante, domani fingo di dover andare dal medico dobbiamo incontrarci- Il giorno dopo c'incontrammo in sezione, Luigi ne possedeva le chiavi.
Quando lo vidi scoppiai in lacrime: -Sono innamorata di te, il rapporto con mio marito si deteriora, non lo amo più, lo evito come fosse un estraneo, in ogni mio gesto ci sei tu, tutto ciò che faccio lo dedico a te. Le rare volte, quando mi obliga, che facciamo l'amore, io penso a te, forse non dovevo sposarlo, sono troppo giovane, aveva ragione mio padre.-


Mi prese tra le sue braccia e tentò di calmarmi.
-Sono sposato, son segretario della sezione, devo essere un esempio per i compagni e poi sono troppo vecchio per te, vedrai ti passerà, anch'io ti amo Gianna, ma il nostro amore è impossibile-. 
Ma io no lo ascoltavo, gli facevo gli occhi languidi e mi scioglievo. Lui mi prese tra le sue braccia mi baciò a lungo poi, sotto gli sguardi di Gramsci e Berlinguer appesi al muro...........


 

 

DANIELA

Sono Daniela ho 24 anni, sono sposata da 5, ho un figlio. Ho commesso il mio peccato con Mario un ragazzo di 20 anni, colto, intelligente e sensibile che mi ha ridato fiducia, mi ha valorizzata come persona e come donna, roba che mio marito, sei anni più vecchio di me, non ha mai saputo darmi. L'ho fatto senza rimpianti, con amore e passione. Lo rifarei ancora

 

 

Mario a Nusco non l'avevo mai visto, ci conoscemmo sul treno che portava a Ginevra ove mi recavo spesso per fare compere. Era un simpatico ventenne molto colto parlava e scriveva il francese che purtroppo a me mancava. Ci vedemmo diverse volte legandoci d'amicizia.  Dovendo redarre una lettera in francese lo invitai a casa mia un lunedì mattino, giorno di congedo per entrambi. Indossai un vestitino avaro di stoffa ed un po' emozionata lo aspettavo alla finestra che dava sull'uscita della piccola stazione e quando lo vidi scendere dal treno, agitai la mano per mostrargli il cammino. Ero sola in casa, mio marito lavorava e mio figlio era a scuola. Scrivemmo la lettera poi lo feci accomodare nel salotto e gli offrii da bere.

Parlavo ma lui sembrava assente, più che discutere guardava regolarmente le mie gambe, capivo dalla sua attitudine dai suoi sguardi che era attratto dal mio fisico e la cosa non mi dispiaceva affatto però non succedeva niente, lui era come bloccato.

Mi alzai e mi diressi verso di lui, i suoi occhi erano all'altezza delle mie ginocchie, lui le contemplò, le toccò, si alzò e poi cercò di abbracciarmi. Lo respinsi stando attenta a non scoraggiarlo, riprovò molte volte perchè dopo ogni tentativo gli concedevo sempre la speranza. Quando il desiderio si impadronì anche di me lo lasciai fare, cominciò ad accarezzarmi poi mi baciò. Partecipai senza passione, senza dargli l'impressione di essermi concessa, ma forse lui se ne accorse.  -Sai- mi disse –son innamorato di te, mi piaci perchè sei bella, perchè  mi dai sicurezza- 
-Anche a me è piaciuto, ma è stato un sacrificio perchè sono sposata ed ho fatto del torto a mio marito, ma se questo è il prezzo da pagare per la tua salvezza l'ho rifaccio con piacere-  il fatto che sei sposata rende la cosa più eccitante, per me è come una grande conquista-

Le sue parole mi diedero un un grande coraggio e questa volta lo abbracciai io con passione e voluttà, poi mi confessai: -Sono testimone di Geova, domenica alle dieci abbiamo una riunione nella nostra sala, vieni anche tu, puoi ancora salvarti prima che sia troppo tardi.-

Scappò e naturalmente la domenica non venne alla cerimonia, per lungo tempo non lo rividi più, mi mancava terribilmente. Per cercare di ritrovarlo non esitai a fare amicizia con sua madre la quale inoltre era interessata a conoscere la nostra religione e a partecipare alle nostre riunioni. Fissammo la cosa per una domenica mattino, dovevo passare a casa della signora Franca per poi recarci insieme alla sala. 
Suonai alla porta ma la signora non venne ad aprire, si aprì un'altra porta sullo stesso pianerottolo, era Mario che dormiva nella cameretta separata dall'appartemento. Dal suo letto, senza alzarsi, mi tese le braccia poi mi tirò verso di se. 
-Sono venuta per tua madre, devo condurla alla sala secondo il suo desiderio- 

-Non c'è, entra, siamo soli-

Esitai molto prima di entrare, non sapevo come comportarmi, il cuore mi diceva si ma la ragione no, però avevo bisogno di parlargli, di sfogare, dirgli la verità.-Vengo perchè devo dirti qualcosa di molto importante: mi sento smarrita, non so più dove vado, ho bisogno che tu mi aiuti! Mio marito mi trascura, consacra  tutto il tempo libero al proselitismo religioso dei testimoni di Geova, io lo seguo senza troppa passione ma lui mi chiede sempre d'impegnarmi per convertire nuovi fedeli. Non sono fatta per questo, lo seguo per non rovinare il nostro matrimonio--Vieni Daniela -Non potei resistere al suo richiamo ero così felice di ritrovarlo, ebbi solo la forza di dirgli buffamente: -Stai attento, non spettinarmi perchè devo andare alla sala di preghiere.

 

 

 

SILVANA

 

 
Sono Silvana, ho 50 anni, sono sposata da trenta ma non ho figli. La storia che vi racconto è il mio unico peccato commesso in tanti anni di matrimonio. Non ho nessun rimpianto perchè l'ho fatto con piacere e per amore. Nella vita non sempre si ha quello che si desidera, il destino ha voluto darmi l'opportunità, io l'ho colta al volo. Lo rifarei ancora, senza esitare, alla mia età queste cose non capitano tutti i giorni.


Il treno Roma-Losanna viaggiava nei pressi di Firenze rumoreggiando monotamente e cullando i vagoni, io però non riuscivo a dormire tormentato dalla vicinanza di Silvana coricata nella cuccetta difronte.

Il mio agitare era un'antica sofferenza, la conoscevo fin dall'infanzia, però per molti anni, pur vivendo nella stessa città, raramente l'avevo incontrata ma mai l'avevo vista in quella posizione. Il caso aveva voluto che rientravamo insieme dal paesino natale dopo aver regolato alcuni affari. Io ero solo, lei invece viaggiava col marito che appena spenta la luce  
si addormnentò. Silvana emise un leggero sospiro al quale non diedi alcuna importanza, pensando fosse per calmare il marito che incominciava a russare, poco dopo però sospirò ancora. Istintivamente, ma senza convinzione tossii, era come dirle che se il suo era un messaggio, io l'avevo ricevuto.

Seguì un lungo silenzio, stavo per addormentarmi quando emise un colpo di tosse forzato. Che succedeva? Era una mia illusione o Silvana cercava un dialogo?
Per gioco battei le dita contro la parete della cuccetta, lei fece altrettanto; ripetemmo questo gioco diverse volte, e incominciai a rivedere le immagini di quando eravamo bambini: Lei, con le treccine bionde sulle spalle, correva per una stradina del paese, io la rincorrevo senza raggiungerla, poi facevo finta di cadere e di farmi male restando immobile per terra affinchè lei venisse a soccorrermi ...  poi vidi un'ombra dirigersi verso di me ... e sentii qualcosa nei miei capelli, allungai le braccia per rendermi conto di cosa mi succedeva. Cominciai dall'alto e toccai dei capelli lunghi poi scivolai lentamente le mani, sul corpo fino a raggiungere le sue forme rotonde sulle quali mi attardai volutamente e con piacere. Non c'erano dubbi, era proprio lei che con con dolce follia, era venuta a curarmi. La tirai e la strinsi, lei accostò la sua bocca sulla mia e cominciò a baciarmi prima delicatamente poi sempre più forte come volesse dirmi facciamo in fretta perchè non abbiamo molto tempo, mio marito potrebbe svegliarsi.

Era bellissimo, le sue labbra erano dolcissime e sensuali, la stringevo accarezzandola su tutto il corpo, ma sul più bello mi sfuggì dalle mani .... Firenze! stazione di Firenze! Annunciò una voce metallica mentre la fredda luce di un lampione ferroviario illuminava la cuccetta.

Ai primi bagliori dell'alba Silvana si alzò ed uscì in fretta come volesse nascondere quei suoi capelli spettinati, tornò poco dopo con un pizzico di trucco che le ridava tutto il suo splendore. La guardai intensamente negli occhi e le chiesi se avesse passato una buona notte. Diventò rossa in faccia accennando un si con la testa!

 
 

 

MARISA


Mi chiamo Marisa, ho 60 anni, vedova. Non avrei mai creduto che alla mia età si potesse avere ancora tanto bisogno d'amore, e non parlo di quello sentimentale, quello ci vuole sempre, ma di quello fisico. Forse non tutte le donne sono come me, ma io per questa ragione andavo spesso in crisi con nervosismo e malinconia. Il mio non è stato un peccato, l'ho rifatto e lo rifaccio ancora.

 

 
Eravamo cresciuti insieme a Nusco, avevamo giocato, c'eravamo picchiati, amati e odiati, avevamo tutti e due lo stesso carettere, orgoglioso e irrascibile.
Prima che il destino ci separasse per ragioni di lavoro, Paolo mi aveva finanche corteggiato, timidamente senza mai confessarmelo però. Mai ci fu una parola d'amore, solo i miei occhi lo vedevano e lo capivano.
Dopo quattro anni di lontananza lui mi raggiunse in quel paesino delle alpi svizzere dove abitavo, troppo tardi però perchè io nel frattempo m'ero sposata. Vivemmo ognuno la propria vita con destini diversi e vedendoci raramente.
Quando persi mio marito, all'età di 60 anni, per me finì tutto, all'inizio condussi una vita serena, tranquilla e senza pretensioni, i giorni passavano monotoni, velati solo da un pizzico di malinconia, poi mano mano sentivo che qualcosa mi mancava, l'amore! Ricominciai a pensare a Paolo.

Quell'anno la locale comunità italiana, in occasione del 40° della sua fondazione decise di organizzare una gita di due giorni a Firenze. Dopo molte esitazioni decisi di partecipare per cambiarmi le idee e nello stesso tempo ritrovare l'Italia con i suoi profumi, con i suoi suoni.
Ero seduta nell'autobus aspettando la partenza quando vidi Paolo arrivare, ebbi un fremito, gli feci segno con la mano e venne a sedersi vicino. Chiacchierammo molto durante il viaggio trovandoci d'accordo su tutto, com'eravamo cambiati! Aveva anche i capelli grigi, qualche rughetta sul viso ma i suoi occhi chiari, erano gli stessi di una volta, belli e profondi.

Dopo una visita alla città e la cena, stanchissima m'avviai verso la mia camera. Ahimè malgrado la stanchezza e qualche bicchiere di vino non riuscivo proprio ad addormentarmi. la vicinanza di Paolo mi rendeva irrequieta, il pensiero andava là dove tanti anni addietro giocavamo assieme. La vita è breve, mi dissi, perchè restare sola? E lui dormirà?  Basta con l'orgoglio stupido, faccio il primo passo vado da lui, uscii e lo trovai davanti la mia porta.
-Paolo? E cosa fai qui?-
-Marisa, non riesco a dormire pensando a te, stavo per bussare alla tua porta-
Ci guardammo negli occhi ed entrarmmo, ero emozionata come la prima volta, appena dentro senza dir parola ci abbracciammo e ci baciammo a lungo, ma io avevo troppo sofferto per limitarmi agli abbracci.

Paolo ci mise tutta la sua volontà, ero a due passi dalla felicità, mancava l'ultimo tocco, la firma dell'autore. Andò avanti così per diversi minuti e cominciavo a soffrirne terribilmente, allora ci concedemmo una pausa durante la quale mi veniva in mente, quando bisognava adoperarsi per calmare gli ardori.
Non potevo lasciargli tutte le responsabiltà dell'impresa, correvamo in tandem, lo aiutai, con le parole e con i fatti, feci cose che non avevo mai fatto prima, con piacere; non potevo buttare al vento una simile opportunità.
Paolo si riprese finalmente, lanciammo lo sprint e tagliammo il traguardo finale da vincitori. Il sudore colava sulle nostre fronti, crollammo sfiniti, la vittoria era sofferta, ma bella e meritata.

 

 

 

 

 

CONCETTA

Mi chiamo Concetta, ho 55 anni, sposata da 25. Ho una figlia, Lidia 24 anni sposata con Vittorio. Ho commesso un peccato con  mio genero, per evitare che andasse con un'altra donna salvando così la loro unione. L'ho fatto con piacere. Spero tanto che facciano al più presto un secondo figlio

 

 
Per aiutare mia figlia che doveva partorire, decisi di andare a casa sua per qualche giorno. Per una leggera complicazione però Lidia non potè uscire dalla clinica come previsto, doveva rimanerci un paio di giorni in più, così mi trovai in casa sola con Vittorio.
Mia figlia m'aveva informata che il marito traversava un periodo difficile, una sorta di crisi d'astinenza, da quando il suo pancione non gli permetteva di soddisfarlo completamente
ed era molto preoccupata che potesse andare altrove per cercare piacere.
La prima sera andò bene, gli preparai la cena, mangiammo ed andammo a letto, lui nella camera matrimoniale ed io nella camera degli ospiti.

Sono una donna romantica e sognatrice, molto attraente da quello che dicono i miei conoscenti. Prima di addormentarmi penso sempre alle cose vissute durante il giorno specialmente quando incontro un uomo. Quella sera non potei fare a meno di pensare a Vittorio solo lì accanto nel lettone freddo. L'idea che da un momento all'altro potesse entrare nella mia camera mi eccitava e ritardò molto il mio sonno.
Da oltre un anno, da quando ero restata sola per la fuga di mio marito con una più giovane di me, reprimevo la mancanza di un uomo al mio fianco. Il mattino seguente mi alzai presto, dormivo poco la notte, stavo facendo la doccia, la porta era chiusa ma non a chiave, sotto l'effetto dell'acqua calda ero completamente rilassata e col pensiero vagavo lontano, Stavo uscendo per asciugarmi quando sorpresi Vittorio a contemplarmi con i suoi grandi occhi neri e spalancati.

-"Mamma"- disse, -Come sei bella, mi sembri una madonna- Istintivamente cercai di coprirmi con le mani, ma lui riprese.
-Sei bellissima, hai un corpo divino!-
-Ma io sono tua suocera, la madre di Lidia tua moglie-
-in questo momento tu sei Lidia! ed io soffro, Lidia mi manca da morire, non ce la faccio più, non ho dormito tutta la notte lottando con me stesso per non venire da te.-
E intanto si spogliava lì davanti a me mostrandomi la bellezza del suo corpo, lo guardavo e m'accorgevo di non essere una santa. Quando s'avvicinò fu come se una scarica elettrica avesse percorso il mio corpo e poi quel suo modo di chiamarmi m'inteneriva
-"Mamma" posso asciugarti?-
Cominciò a strofinarmi la schiena, ma durò poco perchè l'istinto del maschio prevalse su quello materno, lasciata cadere l'asciugamano mise le sue mani nei miei fianchi, poi lentamente ma inesorabilmente le avvicinava verso la meta.
Mi rendevo conto di quello che m'aspettava ero molto imbarazzata, lottavo tra il rispetto per Lidia ed il mio bisogno represso, tra pudore e timore che Vittorio potesse andare con un'altra donna. Poi con una filosofia tutta mia, decisi che in fondo era meglio che lo facesse con me che con un'altra, non vedeva forse mia figlia contemplando il mio corpo nudo? La cosa in fondo restava in famiglia.

Quando la toccò non potei trattenere un gemito di piacere, m'invitò a piegarmi in avanti,
lo feci nella speranza che rapidamente appagasse il suo bisogno mettendo un fine ad una situazione per lo meno imbarazzante per me, invece ... invece quando lui terminò cominciai io. Invasa dal desiderio mi girai e lo abbracciai, lui capì mi prese nelle sue braccia e mi portò nel lettone dove potei dargli finalmente quello che il pancione di Lidia, da lungo tempo non gli aveva dato.

 

 



GIUSEPPINA

 Mi chiamo Giuseppina, ho 65 anni, sposata da 45. Ho due figli, Alfonso 44 anni felicemente sposato  e Luigino di 42 anni che soffre di una grave forma d'obesità, pesa quasi 200 chili, per lui e con lui ho commesso un peccato che mi vergogno confessare. Rimpianti? Non lo so!

 

 

Da anni la vita di Luigino dipende dalla mia, lo devo aiutare, accudire in tutto. Tutte le cure intraprese non hanno dato risultatti positivi, Il mio cuore è infranto, vederlo così mi da un gran senso di colpa che forse non è ingiustificata.
La sua concezione, confesso dopo tanti anni, resta piuttosto misteriosa. Non sono per niente sicura che sia il figlio di mio marito in quanto all'epoca avevo una relazione con un ragazzo molto più giovane di me. In quel tempo "travolgente" avevo rapporti con mio marito affinchè non dubitasse di me, ma soprattutto con Domenico del quale ero completamente invaghita ed accecata dal desiderio. Da questo intreccio multiplo nacque un bambinone di oltre 4 chili.

Fin dalla nascita capii ch'era figlio dell'ambiguità, col passare degli anni diventava ribelle, attacca brighe, litigava con tutti i coetanei, aveva una forza bestiale ed era sempre graffiato e ferito, diventava insopportabile, mangiava ed ingrassava. La scuola non era il suo forte e difficile fu fargli finire quella dell'obligo.
A 41 anni vive ancora con noi, la sua situazione è ancora peggiorata, non ha più mobilità, tutte le mattine gli devo fare la pulizia personale.

Una mattina lavandolo ebbe un'erezione, l'ho guardavo compiaciuta e divertita al pensiero che qualcosa di buono e normale ce l'aveva, ci scherzai fin'anche con dei colpettini e le carezze come ogni mamma fa al suo bambino. Il mio però era un adulto e me ne accorsi quando afferrò la mia mano incitandomi a continuare quello che ingenuamente avevo intrapreso.

Continuai con un senso di pietà, masturbarlo, in fondo non mi costava molto, pensai che potesse soddisfarlo e calmarlo, invece successe l'imprevedibile.

Con l'altra mano mi piegò all'indietro, mi stese per terra, credevo volesse giocare come spesso l'avevamo fatto, invece cominciò ad accarezzarmi, lo lasciai fare senza opporre alcuna resistenza ma guardandolo mi accorsi che i suoi occhi erano diventati vitrei e capii che qualcosa di strano si stava disegnando nel suo cervello.
Quando cominciò a toccarmi reagii cercando di liberarmi ma era troppo tardi, la sua forza bestiale mi aveva immobilizzata al suolo, mi strappava i vestiti mentre io strillavo alla ricerca di un improbabile soccorso ....

Con le lacrime agli occhi e il dolore nel cuore subivo la sua fame accumulata per anni. Per alleviare il mio castigo pensai a quel bambino che tanti anni fa uscì dal mio corpo, adesso vi ritornava, anche se in modo violento e soffrivo come quando lo misi al mondo. Gemeva accanitamente mantenendomi stretta a lui come lo faceva quando affamato succhiava il mio seno, gioiva adesso come lo faceva allora.
Poverino! Questa era la sua prima e forse l'ultima occasione di possedere una donna,
il suo ardore non si spegneva, io non avevo più scampo.

La ferita era aperta, allora mi lasciai andare, m'abbandonai pensando a Domenico e rivivevo la bella storia d'amore, sentivo il fuoco nel mio corpo, quel fuoco che nel corso degli anni s'era man mano spento, provavo un piacere dimenticato, denso e travolgente, non mi ero neanche accorta che Luigino aveva toccato il cielo con un urlo spaventoso, aveva allentato la morsa nella quale mi teneva prigioniera, gli avevo passato le mie braccia sulla sua schiena e lo avevo tirato verso di me. Incoscientemente avevo incoraggiato mio figlio a continuare quello che solo pochi minuti prima m'era sembrata una violenza. Adesso non avevo più dubbi sul vero padre di Luigino.

 

 

ROSAMARIA

Mi chiamo Rosamaria, ho 45 anni e sono zitella. Di viso sono carina ma il mio corpo è brutto, sproporzionato, pesante e goffo. Salvatore è stato, suo malgrado, il mio primo ed unico uomo.Ho fatto tutto da sola perchè ritenevo ingiusto che l'amore appartenga solo alle belle, sono una donna e anch'io ne avevo il diritto. Se lo rifarei? Spero di non dovere aspettare ancora 45 anni prima di trovare un altro Salvatore.

 
A Nusco ero una ragazza normale, alta e piuttosto denutrita, poi l'emigrazione con tutti i suoi problemi. Conobbi parecchi ragazzi, ma io ero difficile, ogni volta che qualcuno cercava di abbracciarmi mi rifiutavo, qualche volta usando anche le maniere forti. Gli anni passarono, i pretendenti diminuirono ed io mi consolavo mangiando e mangiando sempre di più.

C'era la festa del paese, la serata scorreva allegra tra specialità culinarie e vino buono. C'erano tanti uomini, ma nessuno si occupava di me, uno mi stava difronte ed aveva alzato il gomito per tutta la serata. Avendo perso parzialmente le facoltà d'intendere e di volere, cominciò a parlare e scherzare con me, anche perchè lui mi vedeva solo a mezzobusto quindi  ero presentabile. Diventai simpatica e allegra proponedogli anche un paio di brindisi e sperando un eventuale seguito interessante.

Quando si decise di rientrare, si reggeva a mala pena, tentò anche di abbracciarmi poi si avviò verso il suo motorino che non riuscì mai a far partire.
"Questa è la tua grande occasione Rosamaria, Vai!" dissi nella mia mente e gli corsi in aiuto per evitargli il peggio.

All'inizio non voleva pretendendo di essere capace da solo ma poi abbracciandomi ancora si lasciò convincere. Era la mia grande occasione finalmente avevo un uomo a portata di mano e in nessun modo me lo sarei fatto scappare, lo caricai nella mia auto ma durante il tragitto si addormentò.

Non sapendo dove abitasse, lo partai a casa mia, appena arrivati, gli passai il suo braccio sulle mie spalle mentre con l'altro lo sostenevo e lo spingevo in avanti, forza ne avevo tanta. Volevo svegliarlo,provai di tutto,inutilmente. Dopo un lunga esitazione pensai che una doccia fresca potesse fargli del bene e occuparsi un po di me. Lo spogliai facendo altrettanto per non bagnarmi, lo sostenevo e lo strofinavo, riprese i sensi ed uno in particolare sul quale in verità m'ero attardata compiaciuta. Adesso rideva Salvatore e mi toccava divertito.

-Mamma voglio succhiare- mi diceva -voglio il latte- e mentre gli porgevo le mie grosse tette lentamente lo trascinavo verso il letto dove lo adagiai.
"Dai Rosamaria"  mi diceva la solita voce interna.
-Si dai Rosamaria, ma come faccio se se ha riperso il senso?-
"Come hai fatto sotto la doccia?"

Ecco la soluzione che misi subito in pratica e che mi offrì bello, alto e slanciato verso il cielo, un campanile al quale mancava solo la chiesa, io ero lì in contemplazione e non sapevo cosa fare, Salvatore non partecipava ma si lasciava fare divertito. La voglia e la curiosità mi spinsero all'intraprendenza, con mille difficoltà riuscii a spostare il mio adipe e le campane suonarono, prima lentamente con molta sofferenza poi sempre più rapide, ero io a tirare la corda, finche ci fu il tripudio, il fuoco d'artificio e le campane suonarono a festa.