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Caciocavallo


Carmasciano


Bagnolese


Grotta


Laticauda


Manteca




























 

Caciocavallo

 

 

è chiamato così dall'abitudine dei casari di appendere le forme a coppia, legate tra loro da una corda di rafia, a cavallo di un bastone per la stagionatura. Podolico: è il formaggio delle mucche che camminano, deriva dall'utilizzo esclusivo del latte di vacche podoliche, razza che vive allo stato brado e dalle scarse capacità produttive, esse vengono infatti munte solo una volta al giorno, la mattina.La razza podolica, di origini antichissime, grazie alla sua elevata rusticità si adatta molto bene alle difficili condizie ambientali delle aree appenniniche dell'italia meridionale ed in special modo a quelle caratterizzate dalle alte colline dell'Irpinia più interna.Il caciocavallo podolico è un formaggio di antichissima tradizione, ha ottenuto la denominazione di Prodotto Agroalimentare Tipico Tradizionale (P.A.T.) della Regione Campania nel 2009. Ricco di grassi e proteine, delicato nell'aroma, dolce se fresco e piccante se stagionato, ha la caratteristica forma a clessidra e colore giallo paglierino.

 

Il top della produzione si ha nei territori di Montella, Zungoli, Calitri, Aquilonia e Bisaccia. A Zungoli le forme di caciocavallo si lasciano stagionare, in particolari grotte di tufo, nel borgo antico anche due anni e più, al termine dei quali il formaggio è ricoperto di muffe bianche sotto le quali la pelle è dura e lucente, la pasta compatta di colore giallo oro intenso.Il caciocavallo podolico può essere servito come aperitivo oppure durante il pasto abbinandolo a vini bianchi come il Greco di Tufo oppure il Fiano di Avellino nella tipologia dolce e poco stagionata, ad un vino rosso ben strutturato, meglio se si tratta di un Taurasi o di un aglianico irpino, per la tipologia aromatica e piccante. I caciocavalli molto stagionati possono essere accompagnati da vini muffati come i Sauternes o passiti come quelli di Pantelleria.

 

 

 

 

 

Pecorino Carmasciano

 

Il pecorino Carmasciano prende il nome dalla frazione del comune di Rocca San Felice. Il territorio interessato alla produzione comprende i comuni della valle d'Ansanto e cioè Rocca San Felice, Frigento, Torella dei Lombardi e Villamaina e al di fuori della valle Sant?Angelo dei Lombardi.

Una depressione del terreno con un laghetto ribollente, piccoli vulcani di fango ed esalazioni gassose, ne fanno un luogo misterioso e di grande interesse scientifico. è la Mefite, o Mofeta.è in questi territori, come in diverse zone interne collinari della Campania, che si alleva la pecora Laticauda cioè "dalla coda larga", di origine incerta ma probabilmente derivante dall'incrocio di razze autoctone con razze provenienti dal nord Africa, il cui latte è alla base della produzione del Carmasciano.

Questo formaggio a pasta dura, cruda o semicotta, viene stagionato per un periodo che va dai tre ai sei mesi. Si presenta con una crosta dura e rugosa, di colore giallo ambrato. L'occhiatura è rara e di piccole dimensioni. La pasta compatta e morbida, il cui colore varia dal giallo paglierino nei pecorini giovani al giallo dorato in quelli più stagionati, sprigiona un profumo di fieno e frutta secca.

 

 

 

 

 

Il pecorino bagnolese

 
 
 
Il pecorino bagnolese è un formaggio a pasta cruda, prodotto stagionalmente a livello locale con latte di pecora "bagnolese o malevizza" allevata prevalentemente al pascolo. Prodotto a pasta dura, lavorato manualmente, è sottoposto a stufatura naturale e salato a secco quando ha raggiunto una maturazione media (3-6 mesi).
 
Si presenta di forma cilindrica, con peso che oscilla da 1,5 e 2 kg. Mostra una crosta rugosa, dura, di colore giallo tendente al marrone bruno ed una pasta compatta, grassa, leggermente occhiuta e di colore giallo paglierino, al gusto granulosa e gradevolmente piccante; caratteristiche che si accentuano poi con il procedere della conservazione. Utilizzato sia fresco che stagionato come formaggio da tavola o da grattugia.

Il territorio interessato alla produzione del "pecorino bagnolese" è quello dell' Alta Valle del Calore con i comuni di Bagnoli Irpino, Nusco, Montella, Volturara Irpina, Chiusano San Domenico e Venticano.

 

 

 

 

 

Caciocavallo di Grotta

 

Zona di produzione: Aree montane della Valle dell’Ufita, Valle dell’Ofanto, Terminio Cervialto, Alta Irpinia Formaggio a pasta filata, prodotto con latte proveniente da allevamenti di piccole e medie dimensioni, da bovine in prevalenza di razza bruna, stagionato tradizionalmente in grotta. Durante il periodo primaverile–estivo i bovini vengono tenuti al pascolo. Durante questo periodo si ha la maggiore produzione , il prodotto è particolarmente pregiato grazie alle diverse essenze di erba dei pascoli delle quali si nutrono.

Quando, i pascoli terminano, l’alimentazione è basata soprattutto su foraggi e sfarinati di provenienza aziendale.

Dall’alimentazione sono comunque esclusi gli insilati.

La forma è sferoidale, la pezzatura di circa 2 Kg più comune fino a 10 Kg. La stagionatura va dai 45/60 giorni ad oltre sei mesi. La pasta è di colore giallo paglierino che tende ad accentuarsi con la stagionatura, con rare occhiature, al tatto semidura ed omogenea. Se poco stagionato ha un delicato profumo di latte , con il protrarsi della stagionatura spicca l’odore di erba-fieno. Al gusto, soprattutto con il protrarsi della stagionatura, escono fuori tutte le caratteristiche organolettiche: sentori di erba sfalciata, di fiori amari, di vaniglia e spezie e talvolta leggermente piccante. Dopo una prima asciugatura,che può avvenire in locali freschi tradizionali, non prima di 45/60 gg, viene stagionato nelle tipiche “grotte di tufo” dove si sviluppa un microclima ed una microfflora favorevoli alla maturazione del caciocavallo a lunga stagionatura anche fino a due anni. Nelle “grotte naturali di tufo” o “grotte naturali di tufo e pietra” i caciocavalli, legati in coppia, vengono appesi a “cavallo” su travi di legno.

L’umidità oscilla tra l’80 e il 90% mentre la temperatura quasi costante tra il periodo invernale e quello estivo, oscilla tra i 10 ed i 15 °C. Il prodotto è ampiamente conosciuto nell’area interessata ed è sicuramente trasformato da almeno 25 anni come accertato attraverso testimonianze raccolte in zona; meritevole di citazione appare la partecipazione nel 1925 alla fiera di Fiume del Caseificio Granese in Montella con il caciocavallo irpino e di una sagra del Caciocavallo irpino che si svolge nell’area (comune di Vallata) dagli anni settanta.

 

 

 

 

RICOTTA DI LATICAUDA

 

 

 

La pecora laticauda, dalla “larga coda”, è diffusissima soprattutto nelle province di Benevento, Avellino e Caserta ed è stata originata, verosimilmente, da un incrocio della pecora appenninica, tipica dell’Italia meridionale con la pecora Nord- Africana, Berbera o Barbaresca, importata in Campania dai Borboni ai tempi di Carlo III. Da questa particolare pecora deriva, oltre che una carne pregiatissima, anche un pecorino dal sapore molto particolare, prodotto da tempi remotissimi. Anche dal siero proveniente dalla lavorazione del pecorino di laticauda, si ricava la ricotta, della particolare specie laticauda: dal siero, una volta riscaldato, affiora una massa fioccosa leggera e bianca, che viene raccolta ancora calda e messa in fuscelle fatte di giunco intrecciato, questo latticino è molto leggero, e ha un sapore delicato ma al tempo stesso un retrogusto particolarmente intenso.

 

 

 

 

 

Manteca

 

Nella provincia di Avellino e in particolare nella zone interne tradizionalmente legate alla transumanza,viene confezionato un formaggio di antichissima produzione molto simile alla ricotta: la manteca. Ottenuta dalla lavorazione del latte bovino utilizzato per la lavorazione di formaggi a pasta filata, come per esempio il caciocavallo o la scamorza, la manteca si prepara riscaldando il latte bovino a 40 gradi. Il latte, poi, si fa coagulare con caglio di agnello e dopo circa 30 minuti dall'aggiunta del caglio si rompe la cagliata a dimensione di una nocciola, si lascia depositare e si toglie il siero per la produzione della ricotta. Il siero viene poi scaldato a una temperatura di 85-90 gradi, si aggiunge siero acido e, quando si forma la ricotta, si raccoglie e si mette in un panno di cotone a scolare per un giorno e una notte. E' questa la manteca.Il mattino seguente, la manteca viene sbriciolata manualmente, in un secchia di legno o di metallo stagnato, aggiungendo piccole quantità di acqua quando avrà l'aspetto di una purea si versa con forza abbondante acqua ottenendo, in questo modo, la separazione del grasso, il burro, dal latticello.