LA POPOLAZIONE DEI COMUNI IRPINI  (Dati ISTAT 1.1.2016)

 

 



Avellino

Abellinum romana

Feudo dei Caracclolo

La città ottocentesca

Petruro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 






 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 






 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Comuni più popolati
Città Abitanti
Avellino 54857
Ariano Irpino 22700
Montoro 19671
Solofra 12495
Mercogliano 12267
Monteforte 11467
Atripalda
11020
Cervinara 9658
Grottaminarda 8137
Avella 7890
Montella 7780
Mirabella 7684
Serino 7034
Lioni 6201
Forino 5384
Mugnano 5373
Montemiletto 5313
S.Martino V.C. 4884
Baiano 4718
Calitri 4666
S.Angelo dei L. 4250
Nusco 4203
Comuni meno popolati
Città Abitanti
Candida 1147
Savignano 1140
Castel Baronia 1129
Zungoli 1099
Villamaina 995
Cassano Irpino 982
Tufo 889
Rocca S.Felice 851
Senerchia 842
Sant'Angelo all'Esca
801
Monteverde 784
Salza Irpina 772
S.Nicola Baronia 771
Sant'Angelo a Scala 730
Greci 691
Parolise 663
Sorbo Serpico 583
Torrioni 549
Chianche 475
Montaguto 423
Petruro 349
Cairano 326

 

 

 

 

 

Avellino

La città è situata nel cuore di una grande conca dell'Appennino Campano dominata dai massicci montuosi dei Picentini e del Partenio ed è circondata a sud-ovest dal monte Faliesi e a nord-est dal Montevergine, il più importante e famoso monte del Partenio, meta di pellegrinaggio per venerare la Madonna di Montevergine nel Santuario benedettino del XII secolo, posto sul monte a 1272 m.

La città è attraversata da alcuni corsi d'acqua: il Rigatore, il San Francesco ed il Fenestrelle, affluenti del fiume Sabato, oggi molto impoveriti ed in parte interrati.


I dintorni del centro urbano sono rigogliosi di vegetazione: prevale la coltura della nocciola, le pregiate "nocciole avellane".
Caratterizzato dal clima più rigido e piovoso della regione, l'avellinese è un territorio costituito sostanzialmente da colline e montagne boscose.

La piovosità è la sua caratteristica predominante viste le abbondanti medie annue che superano quasi ovunque i 1200 mm[6]. Solo nella zona confinante con la Puglia si registrano valori medi molto più bassi di circa 500 mm. Anche dal punto di vista termico la provincia risulta essere una delle più fredde in inverno e più fresche d'estate grazie anche ai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che ne sfavoriscono il surriscaldamento.

Boschi di faggio e di castagno sono predominanti su altre forme vegetali arboree. Precipitazioni nevose spesso cadono a quote superiori ai 1000 m su tutti i monti della provincia. Frequenti anche i temporali estivi durante le ore più calde della giornata. Nebbie nelle conche sono molto frequenti praticamente in tutte le stagioni, soprattutto in estate.

 


Abellinum romana


Il nucleo originario della città, Abellinum, si formò in prossimità dell'odierna Atripalda a circa 4 km dal centro di Avellino. Fu conquistata dai Romani nel 293 a.C., che la sottrassero al dominio dei Sanniti nella sanguinosa battaglia di Aquilonia, durante le Guerre sannitiche che si verificarono tra il 343 a.C. e il 292 a.C. Sotto il dominio di Roma la città cambiò più volte denominazione (nell'ordine: Veneria, Livia, Augusta, Alexandriana e Abellinatium).


La posizione geografica ha agevolato la nascita dei primi insediamenti: sin dall'antichità la valle del Sabato ha costituito una via naturale tra l'Irpinia e il Sannio.
Nell'89 a.C. Silla occupò Pompei, Ercolano, Stabia, Eclano, Abella e Abellinum. Abellinum non costituiva ancora un vero e proprio centro urbano.

Dopo che i Longobardi determinarono la fuga di parte (tesi minoritaria) o di tutti (tesi prevalente) gli abitanti di Abellinum, questi si dispersero sul territorio circostante. Parte di essi cominciò ad aggregarsi sulla collina Selleczanum, oggi nota come Terra, originando la nuova città di Avellino su uno sperone di tufo.

Per secoli "intra civitatem" ed "intra moenia" coincisero, visto che la città di Avellino, all'epoca un piccolo borgo, era ricompresa entro il ristretto spazio in cima alla collina tufacea. Ciò perché invasioni, terremoti e pestilenze frenarono notevolmente la crescita demografica. L'arrivo dei Normanni pose Avellino al centro di importanti avvenimenti: nel 1137 Innocenzo II e Lotario III nominarono Duca di Puglia Rainulfo di Alife, il conte di Avellino, per il contributo dato per fermare i primi tentativi di conquista del neoeletto (1130) Re di Sicilia Ruggero II.

Due anni dopo, però, in seguito all'improvvisa morte di Rainulfo, con la città rimasta senza l'appoggio di Papa e Imperatore, Ruggero II riunificò il Regno di Sicilia, annettendovi il Ducato di Puglia e il Principato di Capua. Nei decenni successivi, la città passò al conte Riccardo dell'Aquila, dunque ai Paris, ai Sanseverino, a Simone di Montfort, ai del Balzo, ai Filangieri de Candida, fino a diventare feudo dei Caracciolo, negli anni dal 1581 al 1806.


Feudo dei Caracciolo

 



Durante la signoria dei Caracciolo la città conosce una lunga stagione di crescita demografica, di espansione urbanistica e di progresso economico. In questo periodo, si afferma la produzione della lana: i pregiati panni di Avellino dal tipico colore azzurro carico. Il commercio troverà una sede monumentale nella Dogana dei grani. Durante il primo secolo della loro Signoria, i Caracciolo ampliarono il Castello fino a farne diventare un punto di riferimento per poeti e viaggiatori. La peste del 1656 costituirà nulla più che una battuta d'arresto. Nel '700, infatti, la città comincia ad assumere l'odierna conformazione urbana: i principi Caracciolo abbandonano il Castello, si trasferiscono in una nuova residenza, il Palazzo Caracciolo, attuale sede dell'amministrazione provinciale, e avviano i lavori per la creazione del corso principale della città.







 

 


La città ottocentesca

Nel 1806 la città di Avellino è nominata capoluogo di provincia del Principato Ultra al posto della vicina Montefusco. Avellino fu sede dei moti del 1820-1821. La diffusione, nel marzo 1820, anche nel Regno di Napoli, della conquista in Spagna del regime costituzionale contribuì notevolmente ad esaltare gli ambienti carbonari e massonici. A Napoli, la cospirazione (la quale non si pose mai l'intento di rovesciare il re, ma solo di chiedere la costituzione) prese subito vigore e coinvolse anche alcuni ufficiali superiori, come i fratelli Florestano e Guglielmo Pepe, Michele Morelli, capo della sezione della carboneria di Nola cui si affiancarono Giuseppe Silvati, sottotenente, e Luigi Minichini, prete nolano dalle idee anarcoidi. La notte tra il 1 e il 2 luglio 1820, la notte di San Teobaldo, patrono dei carbonari, Morelli e Silvati diedero il via alla cospirazione disertando con circa 130 uomini e 20 ufficiali. Il giovane ufficiale Michele Morelli, sostenuto dalle proprie truppe, procedeva verso Avellino dove lo attendeva il generale Guglielmo Pepe. Il 2 luglio, a Monteforte, fu accolto trionfalmente. Il giorno seguente, Morelli, Silvati e Minichini fecero il loro ingresso ad Avellino. Accolti dalle autorità cittadine, rassicurate del fatto che la loro azione non aveva intenzione di rovesciare la monarchia, proclamarono la costituzione sul modello spagnolo. Dopodiché gli insorti passarono i poteri nelle mani del colonnello De Concilij, capo di stato maggiore del generale Pepe. Questo gesto di sottomissione alla gerarchia militare, provocò il disappunto di Minichini che tornò a Nola per incitare una rivolta popolare. Mentre la rivolta si espandeva a Napoli, dove il generale Guglielmo Pepe aveva raccolto molte unità militari, il 6 luglio, il re Ferdinando I si vide costretto a concedere la costituzione. Dopo pochi mesi, le potenze della Santa Alleanza, riunite in congresso a Lubiana, decisero l'intervento armato contro i rivoluzionari che nel Regno delle Due Sicilie avevano proclamato la costituzione. Si cercò di resistere, ma il 7 marzo 1821 i costituzionalisti di Napoli comandati da Guglielmo Pepe, sebbene forti di 40.000 uomini, furono sconfitti a Rieti dalle truppe austriache. Il 24 marzo gli austriaci entrarono a Napoli senza incontrare resistenza e chiusero il neonato parlamento. Dopo l'Unificazione della Penisola tagliò fuori la città dalle principali vie di comunicazione, impedendone lo sviluppo.
I bombardamenti del 1943

 



Il 14 settembre 1943 intorno alle 11:10 del mattino la città fu pesantemente bombardata dagli Alleati nel tentativo di bloccare la ritirata delle truppe naziste nei pressi dello strategico ponte della Ferriera. Durante l'attacco anglo-americano persero la vita più di 3.000 persone, circa un cittadino avellinese su otto, e furono duramente colpite piazza del Mercato, il palazzo vescovile e alcuni edifici religiosi e abitativi.

    
Medaglia d'oro al valor civile
«Con animo fierissimo, sopportò senza mai piegare, numerosi bombardamenti aerei che causavano la perdita della maggior parte del suo patrimonio edilizio e la morte di 3.000 cittadini. Tutta la popolazione si prodigò con generosità e amore encomiabili per cura dei feriti, degli orfani, dei senza tetto. Settembre 1943. — 8 luglio 1959


Medaglia d'oro al merito civile
«In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegno civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del proprio tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, economico e produttivo. Mirabile esempio di valore civico ed altissimo senso di abnegazione. Sisma 23 novembre 1980. — 9 novembre 2005
   





 

 

 

 

 

 

     

    Petruro

   Altitudine:                500 m

   Abitanti:                   364
   Superficie:               3 Km2
   Densità:                   115 abitanti/Km2










 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella media Valle del Sabato, in felice posizione panoramica, rilevante dal punto di vista naturalistico, tipico paese di collina "appollaiato" su una roccia, da cui domina il sottostante fondovalle, Petruro Irpino è un piccolissimo centro agricolo irpino, alla cui limitata popolazione il lavoro dei campi non è mai riuscito ad assicurare la sussistenza, tanto da spingere i Petruresi a lavorare nel sottosuolo, nelle vicine miniere di zolfo di Tufo, appartenenti ai Di Marzo o in quelle di Altavilla Irpina, appartenenti ai Capone (entrambe chiuse). L'alternativa era (ed è) l'emigrazione. E coloro che sono andati via, non sono più tornati, impedendo, la trasmissione di esperienze e l'investimento di risorse finanziarie, che avrebbero potuto risollevare le sorti economiche e demografiche di questo sventurato paese (ciò che invece è accaduto in tanti altri comuni irpini), che, purtroppo, sta morendo, anche a causa del crollo demografico. Si è, purtroppo, passati dai 671 abitanti alla fine del XIX secolo, ai 600 negli anni '70, a 550 a metà anni novanta, agli scarsi 400 odierni. Le campagne, assai poco urbanizzate, forniscono prodotti ortofrutticoli, olive ed uve, da cui si ottengono ottimi olii e vini (il locale Greco di Tufo è tra i migliori dell'Irpinia), legumi. Ai pochi rimasti ed ai visitatori, sistematici od occasionali che siano, il borgo irpino offre tanta pace, aria salubre, gente cordiale ed ospitale, tanto verde e prodotti genuini, che molti vengono appositamente a comprare o a gustare, come i piatti della cucina locale (fusilli della festa, 'nfarinata, 'u filoscio), o i prodotti dell'artigianato locale (lavorazione del vimine, impiegando materiale reperito in zona, lavorazione della lana, effettuata ancora utilizzando il fuso in modo da tramandare un'antichissima tradizione, lavorazione di pizzi, merletti e ricercati ricami).





 

 

Dati essenziali: a 500 metri s.l.m. ed a 25 chilometri da Avellino, Petruro Irpino ospita, come si è anticipato circa 400 Petruresi, con una tendenza demografica drammaticamente negativa, che solo nell'ultimo decennio ha fatto registrare un crollo della popolazione del 20%. Il Santo Patrono è S. Bartolomeo, festeggiato il 24 agosto, con una grande celebrazione religiosa e civile, che si protrae durante la fine del mese di agosto, fornendo con sagre, fuochi di artificio e concerti di musica classica, un'occasione di svago e di vita al paese tranquillo e morente. Altro evento religioso molto sentito è la Festa dedicata alla Madonna di Montevergine (8 settembre), risalente alla fine del XIX secolo, per decenni uno degli eventi più importanti di tutto il circondario, grazie alle capacità organizzative di Giuseppe Peluso (1857-1944). Una processione assai seguita va dalla chiesa Parrocchiale alla chiesetta dedicata a Maria SS di Montevergine in Contrada Lago e viceversa. Non da meno è la Festa dedicata al Compatrono, S. Gennaro (16-19 settembre), Santo generalmente alquanto trascurato in Irpinia. I suoi festeggiamenti risalgono al principio del XVIII secolo. Lo Stendardo del Santo, del XIX secolo, veniva posto in bella evidenza durante la celebrazione della Fiera, presso il Palazzo Troisi e veniva guardato "a vista", ventiquattro ore al giorno, al fine di impedire che il suo impossessamento da parte di altri Comuni, comportasse il trasferimento a questi del diritto di concessione per lo svolgimento della Fiera di S. Gennaro. Pare che l'originaria concessione per lo svolgimento della Fiera al Comune di Petruro in Principato Ulteriore risalisse al 1778, e che interrotta tale pratica, Re Ferdinando II, col Decreto Regio n. 5625, consentì il ripristino della celebrazione della Fiera. Petruro Irpino si raggiunge da Avellino percorrendo la SS 88. E' possibile utilizzare anche la strada ferrata Avellino-Benevento, utilizzando la vicina stazione di Chianche.


Il verde in cui è immerso Petruro Irpino suggerisce l'effettuazione di lunghe passeggiate ossigenanti, attraversando una vegetazione incontaminata e godendo di momenti di estrema tranquillità. Sebbene il fiume Sabato tocchi appena il territorio di Petruro, la sua campagna diede sostentamento a numerose famiglie che eressero diverse masserie, i cui ruderi sono ancora oggi visibili, come quelli della Masseria Muliniello o di quella in località Madonnella. Altri dati caratteristico del contesto naturalistico-ambientale petrurese sono la Grotta di Recupo, dove oltre a stallattiti e stalagmiti di formazione litoide calcica, è possibile ammirare una piccola sorgente ed il laghetto in località Ischia, nei pressi della Contrada Lago.