Nome ufficiale:      Estado Plurinacional de Bolivia
Lingue ufficiali:    Spagnolo, quechua/kichwa/ runasimi
Capitale:            La Paz 840.206 ab.
capitale legislativa Sucre  306.751 ab.

Forma di governo:    Repubblica presidenziale
Presidente:          Evo Morales
Indipendenza:        Dalla Spagna il 6 agosto 1825
Ingresso ONU:        14 novembre 1945
Superficie:          1.098.581 km²
Nomi abitanti:       Boliviani

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Bolivia è uno Stato dell'America meridionale, situato nel centro del subcontinente. La sua superficie è di 1.098.581 km². Secondo il censimento svolto nel 2012 contava 10.027.254 abitanti. Confina a nord e ad est con il Brasile, a sud con l'Argentina e il Paraguay e ad ovest con il Perù ed il Cile. La Bolivia ha come capitale legislativa Sucre e come capitale governativa La Paz. Senza sbocchi al mare, nel 2010 ha stretto un accordo con il vicino Perù, grazie al quale ha ottenuto per 99 anni l'uso del porto di Ilo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A livello economico la Bolivia all'inizio del XXI secolo è una nazione a medio reddito; dall'elezione di Evo Morales come capo del governo, l'economia del paese andino è nettamente cresciuta con tassi di crescita in media del 5% e con una riduzione della povertà dal 38% al 18%[.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Va notato che nel 1910 fu fondata la Società Italiana di Beneficenza Roma per aiutare gli indigenti italiani, e nel 1934 è stata creata la Casa Italia a La Paz come principale luogo di incontro per la piccola comunità. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa parte del continente americano è abitata dalla nostra specie da 15.000-20.000 anni. Nelle regioni andine dell'attuale Bolivia fiorirono numerose culture di cui la più importante è forse la cultura Tiwanaku, che si sviluppò tra il II secolo a.C. e il XIII secolo nella parte meridionale del Lago Titicaca. Molto più recente il dominio Inca, che data il XV secolo. L'impero del Tawantinsuyu venne sottomesso dalla conquista spagnola di Francisco Pizarro anche grazie alle lotte intestine per il potere.

 

 

 

 

 

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella zona dei bassopiani tropicali, in epoche anteriori alla cultura Tiwanaku, si svilupparono complesse organizzazioni umane che crearono e controllarono estese opere di ingegneria idraulica, nelle savane e foreste dell'attuale regione del Beni. La cultura delle Lomas di Moxos e Baures permise per quasi 3.000 anni l'esistenza di una densa popolazione che riuscì a convivere con le periodiche inondazioni di imponenti affluenti del Rio delle Amazzoni, come il Mamoré, Beni e Iténez.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conquista spagnola della Bolivia

Francisco Pizarro, Diego de Almagro e Hernando de Luque portarono gli spagnoli a conquistare l'Impero Inca. Inizialmente navigarono verso sud nel 1524 lungo il Pacifico da Panamá alla ricerca dell'esistenza della leggendaria terra dell'oro chiamata Biru, che in seguito divenne Perù.    

 

Data la rapidità nella sottomissione completa dell'Impero Inca, la conquista fu molto facile. Dopo la morte dell'Inca Huayna Cápac nel 1527, i suoi figli Huascar e Atahualpa combatterono per la successione. Il secondo vinse la battaglia, ma, prima ancora di consolidare il proprio potere, gli Spagnoli, guidati dal conquistador Francisco Pizarro arrivarono nel 1532. Atahualpa non cercò inizialmente di fermarli probabilmente in quanto non credeva nella possibilità che potessero conquistare il Tawantinsuyu. Atahualpa e i suoi uomini furono sconfitti nella battaglia di Cajamarca (Perù) il 16 novembre 1532 e Atahualpa, nonostante la richiesta di un ricchissimo riscatto, venne giustiziato a Cusco, che era stata fino ad all'allora, la capitale dell'Impero Inca.

A seguito della veloce vittoria di Pizarro, i nativi iniziarono a ribellarsi e continuarono periodicamente durante il periodo coloniale. Nel 1537 Manco Inca, che gli spagnoli appoggiarono in quanto molto giovane, si ribellò contro i nuovi governanti e ripristinò un nuovo stato Inca nei pressi di Vilcabamba che sopravvisse fino alla cattura ed esecuzione di Túpac Amaru nel 1572. Le ultime rivolte tra le montagne della Bolivia furono organizzate dagli anziani della comunità e rimasero di dimensione locale. L'unica eccezione fu la rivolta di Túpac Amaru II nel XVIII secolo.

Durante le due prime decadi di governo spagnolo, l'Alto Perù (o Charcas) - come conosciuta all'epoca il territorio montagnoso boliviano - fu terreno di una guerra civile tra le forze di Pizarro e quelle di Almagro. Il nord era sotto il controllo di Pizarro e il sud sotto quello di Almagro. I combattimenti cessarono nel 1537, anno nel quale Almagro conquistò Cusco e represse la rivolta di Manco Inca. Pizarro sconfisse ed uccise Almagro nel 1538, ma venne lui stesso assassinato tre anni dopo dagli uomini di Almagro. Il fratello di Francisco Pizarro, Gonzalo Pizarro, assunse il controllo dell'Alto Perù, ma presto venne coinvolto in una ribellione contro i Reali Spagnoli. Solo con l'esecuzione di Gonzalo Pizarro nel 1548 la Spagna ricostituì la propria autorità e fece fondare la città di La Paz che presto divenne un importante centro commerciale e di trasbordo.

La resistenza dei nativi ritardò la conquista e la colonizzazione delle pianure boliviane. Gli spagnoli fondarono la città di Santa Cruz de la Sierra nel 1561, ma il Chaco rimase una violenta frontiera tra le forze coloniali. Nel Chaco, gli Indios, soprattutto i Chiriguano, riuscirono a mantenere un diretto controllo degli spagnoli.

L'Alto Perù (o Charcas) fu governato dal Viceré di Lima. I governanti locali venivano dall’Audencia de Carcas situata a Chiquisaca (La Plata, l'attuale Sucre). Le miniere d'argento producevano una parte importante delle ricchezze dell'Impero Spagnolo e Potosí, città nei pressi della famosa miniera di Cerro Rico (montagna ricca), fu la città più grande dell'emisfero occidentale.

La longevità dell'Impero Spagnolo nell'America del sud può essere spiegata anche dal successo dell'amministrazione delle colonie. La Spagna era interessata nel controllo dei conquistatori che si sentivano maggiormente indipendenti, ma l'obiettivo principale divenne presto il mantenimento del flusso delle entrate alla Corona e la raccolta di beni e forza lavoro dalle popolazioni native. Per questo, gli spagnoli crearono un'elaborata burocrazia nel Nuovo Mondo nel quale varie istituzioni avevano il compito di vigilare sulle altre e gli ufficiali locali avevano una considerevole autonomia.



L’Alto Perù, inizialmente parte del Viceregno del Perù, si unì al Viceregno di Rio de la Plata (la cui capitale era Buenos Aires) quando fu costituito nel 1776. Il viceré era coadiuvato da un consiglio (Audiencia), che ricopriva il potere giudiziario (in quanto costituiva la più alta corte d'appello nella giurisdizione) e, in caso di assenza del viceré, amministrava anche il potere esecutivo. Le ricchezze provenienti dall'Alto Perù e la sua lontananza da Lima convinse le autorità di quest'ultima città a creare un'Audiencia nella città di Chuquisaca (l'attuale Sucre) nel 1558. Chiquisaca divenne particolarmente importante come centro amministrativo ed agricolo di Potosí. La giurisdizione dell'Audiencia, conosciuto come Charcas, ricopriva un territorio di raggio di 100 leghe (circa 1.796 km²) attorno a Chuquisaca, ma incluse presto Santa Cruz de la Sierra e il territorio appartenente all'attuale Paraguay e, fino al 1568, anche l'intero distretto di Cusco. Il Presidente dell'Audiencia aveva autorità giudiziaria, amministrativa e gestiva il potere esecutivo nelle faccende di routine, mentre le decisioni più importanti venivano prese a Lima. Questa situazione portò ad un'attitudine competitiva e alla reputazione dell'Alto Perù di assertività, condizione rinforzata dall'importanza economica della regione.

La Spagna esercitava il proprio controllo sulle unità amministrative minori attraverso ufficiali reali (Corregidor) che rappresentavano il Re nel governo municipale e che erano eletti dai propri cittadini. All'inizio del XVII secolo, nell'Alto Perù c'erano 4 Corregidor.

Nel tardo XVIII secolo, la Spagna intraprese una riforma amministrativa per aumentare i guadagni alla corona e diminuire il numero di abusi. Creò un sistema di sovrintendenze, dando un potere esteso a ufficiali qualificati, direttamente responsabili di fronte al re. Nel 1748 la Spagna istituì quattro sovrintendenze nell'Alto Perù che coprivano gli attuali dipartimenti di La Paz, Cochabamba, Potosí e Chuquisaca.

La corona spagnola controllò all'inizio i governi locali solo indirettamente, poi vennero adottate procedure centraliazzate. Inizialmente il viceré Francisco de Toledo confermò i diritti dei nobili locali ai quali garantì massima autonomia e controlli ridotti. La corona istituì l'autorità del Corregidor de Indios, per raccogliere tributi e tasse dai nativi. Questi ufficiali importavano beni dalla Spagna e costringevano i nativi a ricomprarli riuscendo a guadagnare ingenti somme, ma causando molto risentimento tra la popolazione nativa.

 

 

 

 


 

 

 

Le guerre di confine

Tra il 1828 e il 1900 la Bolivia fu in guerra aperta o latente un po' con tutte le Nazioni confinanti, (Perù, Cile, Paraguay e Brasile), per questioni di confine e per il controllo di giacimenti minerari o risorse forestali (1899-1900 guerra del Acre per il controllo dell'estrazione del caucciù). Il più importante di questi conflitti fu certamente la guerra del Pacifico (1879-1884), in cui Bolivia e Perù si scontrarono con il Cile. La sconfitta nel conflitto e i successivi trattati di pace sottoscritti ed approvati dal governo boliviano, portarono alla cessione del litorale oceanico della Bolivia, che così perse il suo accesso al mare.

La Bolivia non si fece coinvolgere nella Prima guerra mondiale, ma provocò il primo conflitto moderno del continente americano: la Guerra del Chaco (1932-1935) contro il Paraguay. La disfatta di fronte al più debole Paraguay, che portò alla perdita di parte del territorio del Chaco boreale, nel sud-est del paese, fu originata anche a causa dei gravi conflitti interni al suo esercito, la corruzione di parte degli ufficiali di maggior grado e la quasi totale estraneità del territorio del Chaco alla realtà nazionale boliviana.


La Guerra del Chaco portò al potere una nuova generazione di militari, con una forte enfasi nazionalista. Internamente la situazione restava caotica, con il dominio economico e sociale dei baroni dello stagno che controllavano l'intera economia nazionale. Fu opera di questi la destituzione degli ufficiali nazionalisti e l'instaurazione di un governo pro-USA che partecipò formalmente alla Seconda guerra mondiale. Questa partecipazione generò solo maggior risentimento nella popolazione, giacché si limitò alla fornitura agli USA di materia prima a prezzi irrisori, senza nessun reale riconoscimento per l'economia nazionale.
Tutto ciò contribuì all'avvenimento storico di maggior trascendenza dall'indipendenza: la rivoluzione del 1952. Artefice della rivoluzione fu Víctor Paz Estenssoro e il Movimento Nazionale Rivoluzionario. Venne istituito il suffragio universale, furono nazionalizzate le miniere di stagno e nel 1953 si decretò la riforma agraria. Con la rivoluzione nazionalista la Bolivia uscì, secondo l'opinione di molti, dall'età feudale.
Storia contemporanea

L'MNR restò al Governo, con importanti successi elettorali, fino al 1964, quando un colpo di Stato militare portò alla presidenza il generale René Barrientos Ortuño; fu durante il suo Governo che si sviluppò la guerriglia del Che nel Dipartimento di Santa Cruz. Fu lui a dare l'ordine di assassinare Ernesto "Che" Guevara il 9 ottobre 1967. Barrientos morì l'anno dopo in un misterioso incidente aereo.

 

 

 

 

 

 

 

La Plaza Principal di Trinidad

Furono periodi di colpi di Stato militari, anche qualcuno di sinistra. In quegli anni, la Bolivia partecipò al piano continentale di repressione e assassinio degli oppositori politici denominato Plan Condor, assieme a Cile, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Al generale Hugo Banzer, succedette García Meza Tejada che instaurò l'epoca della narco-dittatura, in cui la cocaina e il narcotraffico diventarono strumento di pianificazione economica dello Stato. A sorreggere il potere di Meza e del suo ministro dell'interno, Arce Gomez, furono anche squadre di neonazisti e neofascisti italiani (tra i quali il terrorista Stefano Delle Chiaie). Con la caduta di García Meza si chiusero anche gli anni del dorato esilio in Bolivia di Klaus Altman (cioè Klaus Barbie), il carnefice nazista chiamato il boia di Lione, che aveva goduto di grande favore da parte dei militari boliviani e che verrà estradato in Francia al ritorno della democrazia nel 1982.

Con il governo democratico di Siles Zuazo (1982-1985) si aprì il periodo di stabilità politica che dura tutt'oggi. La grave crisi economica durante questo primo governo, con un'inflazione a vari zeri, portò ad una nuova presidenza del MNR con Víctor Paz Estenssoro (1985-1989) che risanò l'economia al prezzo di gravi disagi sociali. La politica economica strutturata dall'MNR, definita neoliberale, proseguì con la presidenza di Paz Zamora, del Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (Movimiento de Izquierda Revolucionaria o MIR), appoggiato dal partito dell'ex dittatore Banzer.

Nel 1993 tornò al governo l'MNR con Gonzalo Sánchez de Lozada, detto Goni (1993-1997). Si trattava di un Governo riformista di impronta neoliberale, con l'appoggio di alcuni partiti della sinistra boliviana. Durante la presidenza di Sanchez de Lozada si promulgarono molte importanti Leggi di riforme sociale ed economica, come la Legge di partecipazione popolare, la Legge INRA e quella forestale. Si avviarono anche i processi di privatizzazione di molte compagnie statali che portarono a contestazioni e accuse di vendere la Patria agli stranieri. Successivamente, durante la presidenza dell'ex dittatore Hugo Banzer (1997-2001), sostenuto da un'incontrollabile e corrotta mega coalizione di partiti di varia tendenza populista, furono capitalizzate anche le due raffinerie boliviane. Dopo la disastrosa presidenza di Banzer e, alla sua morte, del vicepresidente Jorge Quiroga (2001-2002), l'economia boliviana era al tracollo. Inoltre, durante la presidenza Banzer incominciarono con forza le lotte popolari con la rivolta dell'acqua a Cochabamba nel 2000, lotte che si sarebbero poi consolidate negli anni seguenti.

Nel 2002 è stato rieletto alla presidenza Sánchez de Lozada. Nel febbraio del 2003 una sommossa della polizia ha fatto rimanere il Paese senza forze dell'ordine per tre giorni ed ha portato ad uno scontro armato di alcuni reparti della polizia con l'esercito. Nell'ottobre del 2003, la sommossa si è estesa ed ha avuto come epicentro la città altipianica di El Alto, cresciuta vertiginosamente negli ultimi anni, diventando la terza città della Bolivia. El Alto ha bloccato i rifornimenti alla capitale La Paz, l'esercito ha sparato sulla folla ed il bilancio è stato di una sessantina di morti. La situazione per Sanchez de Lozada si è fatta insostenibile dopo che il vicepresidente Carlos Mesa ha ritirato il suo appoggio al Governo. Goni è così fuggito negli USA.

Il vicepresidente, il giornalista Carlos Mesa, ha preso il suo posto ma, nonostante la sua abilità dialettica, il Paese ha continuato a vivere in perenne sommossa. Mesa ha convocato un referendum sulle risorse idrocarburifere che non accontenta le parti in conflitto. La sua ambiguità ha generato inquietudine nelle nuove aree economicamente centrali del Paese, soprattutto la regione attorno alla città di Santa Cruz de la Sierra. Per la prima volta l'oriente della Bolivia, ha parlato di autonomia dal potere centrale e si è ipotizzato addirittura un movimento secessionista.

Un'iniziale alleanza con il partito del dirigente dei produttori di foglie di coca, e capo del principale partito di opposizione, Evo Morales, si è frantumato di fronte all'ambiguità del presidente, ai continui blocchi stradali ed alle richieste popolari di nuove elezioni e dell'istituzione di un'assemblea costituente. Mesa, dopo aver assicurato il ricorso a nuove elezioni, ha passato la presidenza della Repubblica per le questioni amministrative a Eduardo Rodríguez, presidente della Corte Suprema.

 

 

 

 

 

 

 

 

 La Paz: Plaza San Francisco

 
Fondata dal capitano Alonso de Mendoza il 20 ottobre del 1548, dove sorge ora il villaggio di Laja. Dopo poco, a causa del vento gelido che batteva la zona, venne trasferita nel suo luogo attuale, ovvero dove sorgeva il villaggio di Chiquiago, abitato da minatori aymara, nella valle del Chuquiago Marka (o Río Choqueyapu).

Il suo nome completo è Nuestra Señora de La Paz e commemora la pace dopo la guerra civile che seguì l'insurrezione di Gonzalo Pizarro, fratello del conquistador Francisco Pizarro, contro Blasco Núñez de Vela, primo Viceré del Perù. Si sviluppò come centro politico ed economico. La sua importanza era dovuta anche alla sua posizione strategica: congiungeva l'Alto Perù, dove era situata, al Basso Perù; inoltre era sulla strada percorsa per trasportare l'argento delle miniere di Potosí al porto di Lima; era anche sita all'imbocco della Via degli Yungas utilizzata per l'approvvigionamento di prodotti agricoli e di foglie di coca.

Nel 1825, la città divenne il luogo della decisiva vittoria dei patrioti Boliviani nella battaglia di Ayacucho sull'esercito spagnolo. Cambiò quindi nome con La Paz de Ayacucho. Nel 1898, La Paz divenne la sede del Governo Nazionale, lasciando alla città di Sucre il potere giudiziario e il nominale appellativo di capitale costituzionale che conserva a tutt'oggi. Questo cambio di capitale riflesse il cambio dell'economia boliviana, lasciando che la miniera del Cerro Rico di Potosí si estinguesse e si aprisse il passo allo sfruttamento dello stagno nei pressi della città di Oruro.

Nel XX secolo l'aumento della popolazione portò ad un incremento dello sviluppo urbano. In particolare, a partire dagli anni settanta, l'esplosione dell'edilizia ha trasformato la fisionomia della città trasformando chiese, conventi e anche edifici di età precolombiana in moderni palazzi e grattacieli.

 

 

 

 


 

 

Etnie

Secondo l'ultimo censimento del 2001 dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), la popolazione indigena rappresenta circa il 49,95% della popolazione totale. Percentuale che arriva al 73,20% se consideriamo le sole zone rurali.
Secondo il CIA World Factbook 2006, la popolazione boliviana è costituita dai seguenti gruppi etnici: quechua 30%, aymara 25%, meticci 30%, europei 15%. In realtà, in Bolivia esistono attorno a 40 gruppi etnici, la maggior parte ignorati da questi dati e abitanti originari principalmente nelle pianure tropicali della Bolivia orientale. Inoltre il processo di meticciato è stato continuo dal tempo della conquista spagnola e per questo una chiara e inequivocabile definizione etnica non può esser determinata facilmente. Anche l'attuale presidente Morales non potrebbe esser considerato esclusivamente di etnia aymara essendo imparentato con cholos, la definizione boliviana del meticcio tra quechua o aymara con europeo.

Il dato della CIA sembra più un'informazione linguistica riferita ai parlanti quechua ed aymara. Nonostante questo il riferimento linguistico non assegna automaticamente un'appartenenza etnica. In questo senso va menzionato come, dopo gli avvenimenti della rivoluzione nazionalista del 1952, il processo storico di integrazione che essa avviò portò anche alla rimozione dell'identità indigena, vista allora come un'eredità negativa della conquista e dello stato para feudale prerivoluzionario, facendo delle genti quechua e aymara un popolo contadino.

Tuttora tutte le federazioni rurali quechua e aymara sono federazioni di contadini o coloni, dove non si menziona il termine indigeno. Solo recentemente il presidente Morales ha recuperato la nozione indigena anche per quechua e aymara, pur restando gli unici che si definivano e continuano a definire indigeni quelli delle terre orientali tropicali.
Infine, non va dimenticato come il quechua fu mantenuto e fomentato in forma pianificata dagli spagnoli come strumento di omogeneizzazione linguistica nelle terre andine per facilitarne quindi anche il dominio. Per questo vennero gradualmente rimosse le altre lingue andine (nelle Ande boliviane, oltre al quechua ed aymara, rimane solo un piccolo nucleo di lingua Uru). La diffusione del Quechua contò anche con l'intervento della Chiesa che, con il frate domenicano Domingo de Santo Tomás, produsse la prima grammatica di lingua quechua già verso la metà del XVI secolo. Anche per questi motivi, quindi, il dato dei parlanti quechua supererebbe quello degli appartenenti realmente all'etnia quechua, portando, talvolta, a sovrastime dei dati relativi alle etnie.

Nelle regioni orientali amazzoniche e del Chaco della Bolivia vivono circa 500 000 indigeni, in cui è certamente maggior la perdita delle conoscenze linguistiche ancestrali ma non del concetto di appartenenza etnica, che ha avuto nella marcia per il territorio e la dignità del 1990 Amazonía de Bolivia un'affermazione chiara e cosciente dei popoli indigeni boliviani delle pianure tropicali Le popolazioni indigene del tropico amazzonico e del chaco boliviano appartengono principalmente ai gruppi:

    Tupi Guaranì: guaranì, izoceño, sirionò, guarayo, yuqui, ecc.
    Arawak: mojeños, baures, trinitarios, ecc.
    Tacaná: cavineños, ese ejja, araona, tacaná
    Mosetén: chimanes, mosetenes
    Zamuco: ayoreo
    Pano: chacobo, yaminahua, pacahuara
    Chapacura: morè

 


Importanti anche altri gruppi etnici non appartenenti a famiglie linguistiche specifiche: chiquitos, yuracaré, cayubaba, movima, ecc.

Queste popolazioni delle terre tropicali della Bolivia rappresentano più del 5% della popolazione totale boliviana.

In Bolivia gli abitanti nati nelle regioni orientali tropicali (2/3 del paese), siano essi di origine europea, meticci o indigeni, vengono colloquialmente chiamati camba.

Parimenti gli abitanti delle regioni andine, vengono definiti, anche se spesso in forma dispregiativa, colla.

 

 

 

 

 


 

 


 

 

 

 

 

 

 

La comunità italiana

 

Alcune decine di italiani si trasferirono in Bolivia prima delle guerre di indipendenza fatte da Simon Bolivar. Dall'inizio del' Ottocento poche centinaia di italiani arrivarono nel paese provenienti dal Cile settentrionale, lavorando nella costruzione di ferrovie, ed alcuni si stabilirono nella regione di La Paz, per dare vita ad imprese commerciali soprattutto nel settore tessile e alimentare. Nel 1876 un discendente di italiani originari dal Piemonte, Hilarion Daza Groselle, è stato presidente della Bolivia Nel 1889 -secondo il Consolato italiano- in Bolivia risiedevano circa 400 italiani, distribuiti come segue: a La Paz 40 italiani, 20 ad Oruro, 29 a Cochabamba, 31 a Sucre, 44 nelle terre calde di Santa Cruz, 38 a Tarija e 16 a Potosí. A loro si devono aggiungere 150 italiani che erano dispersi in altre località interne della Bolivia.

Nei primi anni del Novecento un numero considerevole di italiani in Bolivia erano impegnati in attività commerciali, ma vi erano anche alcuni professionisti (architetti, ingegneri, medici, ecc.) e diversi religiosi.[4] Va notato che nel 1910 fu fondata la Società Italiana di Beneficenza Roma per aiutare gli indigenti italiani, e nel 1934 è stata creata la Casa Italia a La Paz come principale luogo di incontro per la piccola comunità.

Dopo varie vicissitudini legate alle due guerre mondiali, la collettività italiana si è stabilizzata intorno alle 2/3.000 unità e si trova concentrata nelle aree metropolitane di La Paz, Sucre, Santa Cruz e Cochabamba. Tutti sono perfettamente integrati nella società boliviana, dove molti hanno raggiunto i maggiori livelli. Inoltre esistono alcune associazioni italiane, come il Circolo culturale italiano di La Paz e quello di Santa Cruz.


« La collettività italiana è composta (nel 2000) da 1.830 unità ed è ripartita geograficamente nel modo seguente, a seconda dei dipartimenti: Santa Cruz 801, La Paz 506, Cochabamba 379, Chuquisaca 48, Tarija 40, Beni 19, Oruro 13, Potosí 15 e Pando 7. Molti dei discendenti dei primi italiani hanno doppia cittadinanza. Le attività si concentrano nei settori della piccola e media impresa. Alcune ditte appartenenti a famiglie italiane hanno avuto fino a pochi anni fa una posizione di rilievo in ambito economico: è il caso dei Salvietti nel settore delle bevande, proseguendo un’attività iniziata nel secondo dopoguerra, e dei Ferrari Ghezzi nella produzione di pasta. La collettività italiana non presenta un alto grado di coesione: il Circolo Italiano di La Paz ha trenta soci, quello di Santa Cruz, a testimonianza della recente acquisizione d’importanza della città in campo economico, duecentocinquanta. Luigi Guarnieri Carducci »


Attualmente i discendenti diretti di italiani in Bolivia sono oltre 15.000 nel 2010, secondo lo storico Guarnieri Carducci. Uno dei più famosi è lo scrittore e poeta Oscar Cerruto, considerato uno dei grandi autori della letteratura boliviana. Alcune decine di italiani si trasferirono in Bolivia prima delle guerre di indipendenza fatte da Simon Bolivar. Dall'inizio del' Ottocento poche centinaia di italiani arrivarono nel paese provenienti dal Cile settentrionale, lavorando nella costruzione di ferrovie, ed alcuni si stabilirono nella regione di La Paz, per dare vita ad imprese commerciali soprattutto nel settore tessile e alimentare. Nel 1876 un discendente di italiani originari dal Piemonte, Hilarion Daza Groselle, è stato presidente della Bolivia[3].

Nel 1889 -secondo il Consolato italiano- in Bolivia risiedevano circa 400 italiani, distribuiti come segue: a La Paz 40 italiani, 20 ad Oruro, 29 a Cochabamba, 31 a Sucre, 44 nelle terre calde di Santa Cruz, 38 a Tarija e 16 a Potosí. A loro si devono aggiungere 150 italiani che erano dispersi in altre località interne della Bolivia.
Nei primi anni del Novecento un numero considerevole di italiani in Bolivia erano impegnati in attività commerciali, ma vi erano anche alcuni professionisti (architetti, ingegneri, medi)

 

 

 


 

 

Daza Groselle



nacque a Sucre nel 1840 ed era discendente di italiani originari dal Piemonte

Di carriera militare, anche se figlio di poveri emigrati con tenacia e capacità riuscì a primeggiare nella società boliviana. Infatti seppe guadagnarsi la stima dei superiori diventando generale in pochi anni, fino a tentare il colpo militare per diventare Presidente della Bolivia.

Daza Groselle prese il potere il 4 maggio 1876 in un colpo di Stato contro il presidente Tomás Frias Ametller. Ma per risanare il bilancio dello Stato in difficoltà, nel 1876 impose elevate tasse alle esportazioni di salnitro. Questo suscitò l'ira degli esportatori cileni, che controllavano la costa della Bolivia (allora affacciantesi sul Pacifico).

Il Cile vide questo atto di Daza Groselle come una violazione del contratto stabilito nei trattati di confine del 1874, e scatenò la Guerra del Pacifico nel febbraio 1879. I cileni vinsero l'alleanza boliviano-peruana ed occuparono il territorio di Antofagasta ed Atacama nel Pacifico (1879-1884): Bolivia perse così l'unico sbocco al mare che possedeva.

A causa della sconfitta militare Daza nel mese di dicembre 1879 ebbe il suo governo rovesciato dall'opposizione politico-militare in Bolivia e -anche a furor di popolo- andò in esilio per 14 anni in Francia (e pure in Italia brevemente).

Daza Groselle il 27 febbraio 1894 fu ucciso alla stazione di Uyuni, mentre ritornava in Bolivia per difendersi nel Congresso di La Paz da accuse ricevute dopo la sconfitta con il Cile.

 

 

 

 

 

 

Alcune decine di italiani si trasferirono in Bolivia prima delle guerre di indipendenza fatte da Simon Bolivar. Dall'inizio del' Ottocento poche centinaia di italiani arrivarono nel paese provenienti dal Cile settentrionale, lavorando nella costruzione di ferrovie, ed alcuni si stabilirono nella regione di La Paz, per dare vita ad imprese commerciali soprattutto nel settore tessile e alimentare.

Nel 1876 un discendente di italiani originari dal Piemonte, Hilarion Daza Groselle, è stato presidente della Bolivia.

Nel 1889 -secondo il Consolato italiano- in Bolivia risiedevano circa 400 italiani, distribuiti come segue: a La Paz 40 italiani, 20 ad Oruro, 29 a Cochabamba, 31 a Sucre, 44 nelle terre calde di Santa Cruz, 38 a Tarija e 16 a Potosí. A loro si devono aggiungere 150 italiani che erano dispersi in altre località interne della Bolivia.

Nei primi anni del Novecento un numero considerevole di italiani in Bolivia erano impegnati in attività commerciali, ma vi erano anche alcuni professionisti (architetti, ingegneri, medici, ecc.) e diversi religiosi. Va notato che nel 1910 fu fondata la Società Italiana di Beneficenza Roma per aiutare gli indigenti italiani, e nel 1934 è stata creata la Casa Italia a La Paz come principale luogo di incontro per la piccola comunità.[5]

Dopo varie vicissitudini legate alle due guerre mondiali, la collettività italiana si è stabilizzata intorno alle 2/3.000 unità e si trova concentrata nelle aree metropolitane di La Paz, Sucre, Santa Cruz e Cochabamba. Tutti sono perfettamente integrati nella società boliviana, dove molti hanno raggiunto i maggiori livelli. Inoltre esistono alcune associazioni italiane, come il Circolo culturale italiano di La Paz e quello di Santa Cruz.
« La collettività italiana è composta (nel 2000) da 1.830 unità ed è ripartita geograficamente nel modo seguente, a seconda dei dipartimenti: Santa Cruz 801, La Paz 506, Cochabamba 379, Chuquisaca 48, Tarija 40, Beni 19, Oruro 13, Potosí 15 e Pando 7. Molti dei discendenti dei primi italiani hanno doppia cittadinanza. Le attività si concentrano nei settori della piccola e media impresa. Alcune ditte appartenenti a famiglie italiane hanno avuto fino a pochi anni fa una posizione di rilievo in ambito economico: è il caso dei Salvietti nel settore delle bevande, proseguendo un’attività iniziata nel secondo dopoguerra, e dei Ferrari Ghezzi nella produzione di pasta. La collettività italiana non presenta un alto grado di coesione: il Circolo Italiano di La Paz ha trenta soci, quello di Santa Cruz, a testimonianza della recente acquisizione d’importanza della città in campo economico, duecentocinquanta. Luigi Guarnieri Carducci »

Attualmente i discendenti diretti di italiani in Bolivia sono oltre 15.000 nel 2010, secondo lo storico Guarnieri Carducci. Uno dei più famosi è lo scrittore e poeta Oscar Cerruto, considerato uno dei grandi autori della letteratura boliviana.

 

 

 

 

 Óscar Cerruto


Óscar Cerruto (La Paz, 1912-ibídem, 1981) fue un escritor, poeta, periodista y diplomático boliviano. Colaboró en varios periódicos de Bolivia y también trabajó en la cancillería. Luego, diplomático y ulteriomente, embajador en Uruguay en 1965.

Considerado como uno de los más grandes poetas bolivianos y uno de los cinco más importantes escritores bolivianos del siglo XX,1 Óscar Cerruto es el reconocido autor de una de las novelas sociales más importantes de la historia boliviana, Aluvión de fuego. Su trabajo incluye poesía, ensayos, crítica literaria, artículos periodísticos y estudios de gramática española.2

Nació en La Paz el 13 de junio de 1912, en una familia de clase alta de origen italiano. Su padre era Andrés Cerruto Durand, boliviano; su madre, Lelia Maggie Collier, artista y pianista de nacionalidad británica. Fue criado en una familia conservadora y patriarcal. En 1918, sabiendo ya leer, fue enviado a las mejores escuelas públicas del país (hecho que molestaba a Cerruto, pues en este tipo de escuelas reinaba la violencia entre los estudiantes). Escribió su primer poema a la edad de 8 años, el mismo trataba de un perro atropellado por un automóvil; le mostró el poema a su padre, a quien no le gustó. Óscar Cerruto no volvió a escribir sino hasta sus 14 años.

En la secundaria era un muchacho tímido y siempre cabizbajo, pero ya un ávido lector. A los 14 años se iría a vivir con Lilly Collier de Conley, su tía, esposa de un empleado británico de la compañía ferroviaria boliviana. Fue ella quien inició al muchacho en el mundo de la Literatura Clásica, tanto española como inglesa. Cerruto se familiarizó entonces con las obras de Charles Dickens, Oscar Wilde, Lord Byron, Miguel de Cervantes y Gustavo Adolfo Bécquer. Sus primeros poemas trataban sobre la desigualdad social que sufría la clase trabajadora de Bolivia.

Ya en 1926, a la edad de 15 años comenzó a trabajar en Bandera Roja, escribía artículos en contra del gobierno y la iglesia católica. EL impacto del periódico de difusión fue tal, que el gobierno se propuso cerrarlo y enviar a prisión a los responsables. Cerruto apenas escapó. Este mismo año se inició en la política boliviana, ya no solo como columnista, sino también como activista. Publicaba poemas en La Razón y sus ideas, acaso demasiado innovadoras, fueron criticadas por el conocido escritor boliviano Carlos Cornejo; muchos escritores e intelectuales bolivianos entraron en la discusión, algunos apoyaban a Cornejo, pero fueron más los que apoyaron a Cerruto.
Inicios de su carrera literaria

 

Influenciado por el marxismo, Cerruto, el activista, fue enviado a la cárcel acusado de conspiración contra la seguridad del estado en 1928. En 1930 terminó la escuela y se matriculó a la Facultad de Derecho, tal como su padre deseaba. Cuando su padre murió, el mismo año, Cerruto abandonó la Facultad de Derecho; continuó publicando poemas, cuentos cortos y artículos sobre Literatura en La Razón y El Diario (Bolivia). En 1931, su hermano Luis Heriberto Cerruto, se suicidó. En ese mismo año Cerruto trabajó con la Diplomacia boliviana y fue destinado a Arica, Chile, donde ganó un certamen literario que le abrió las puertas al ambiente intelectual chileno, donde entabló nuevas amistades con Vicente Huidobro y Pablo Neruda.

En 1932 Bolivia y Paraguay mantenían una guerra en la región de El Chaco boliviano a la cual Cerruto fue llamado, pero nunca fue debido a que debía reemplazar al cónsul de Bolivia en Arica. La guerra del Chaco duró hasta 1935, tiempo en el que Cerruto escribía Aluvión de Fuego, hoy considerada la novela de guerra más importante de Bolivia[cita requerida]. Fue publicada en Chile el año 1935, narra el drama boliviano durante la Guerra del Chaco entre ideas marxistas y socialistas, mostrando así no solo una, sino dos guerras: una entre Bolivia y Paraguay y la otra en contra de los indígenas bolivianos, la clase obrera y los intelectuales de izquierda.

Vivió en Santiago hasta 1937, año en el que se mudó a Buenos Aires y trabajó en La Nación. Desde 1942 hasta 1946 trabajó en la embajada boliviana de Argentina, durante su estancia en el país tanto su pensamiento político como literario cambiaron radicalmente, tanto así, que muchos de sus cuentos publicados en Buenos Aires tratan sobre cotidianeidades de la clase alta boliviana. En este periodo también conoció a prominentes intelectuales e importantes escritores contemporáneos entre los cuales se pueden mencionar a Ramón Gómez de la Serna, Eduardo Mallea, Pedro Enríquez Hureña y Alfredo Cahn.

 

 

 

 

 

La vuelta a Bolivia


En 1946 Cerruto vuelve a Bolivia aún trabajando con la diplomacia boliviana. Se casó con Marina Luna de Orozco en 1950. De 1952 a 1957 Cerruto dirige el periódico El Diario de La Paz. Es en estos años que Cerruto se dedica más a escribir cuentos, a pesar de seguir escribiendo poesía. Publica Cifra de las rosas y siete cantares en 1957, dedicado a su recién nacida hija, Madeleine. Cerco de penumbras y Patria de sal cautiva son publicados en 1958.

La nueva visión de la realidad está muy vinculada a su entendimiento del lenguaje. Cerruto, en su poesía, explícitamente manifiesta que el lenguaje no es una simple herramienta de representación, sino más importante aún, es una herramienta de investigación de la realidad. Quizá es esta la mejor explicación a su obsesión de perfeccionar el lenguaje, ya lo había dicho antes, cuando decía que su escritura era una constante lucha por la palabra no intercambiable. Es por esto que su poesía se considera parte de la literatura boliviana clásica.
Últimos años

Diecisiete años pasaron hasta que Cerruto publicó su segundo libro importante de la poesía, Estrella segregada (Estranged estrella), publicado en Buenos Aires en 1975. Durante estos años, Cerruto convirtió en un escritor reconocido a nivel nacional como a nivel internacional. En 1960 viajó a Washington para hacer una grabación de su poesía. En 1963, el gobierno italiano le otorgó una distinción cultural, en 1969, el gobierno boliviano le entregó la Medalla al Mérito (Medalla al Mérito) por su contribución a la cultura boliviana y en 1972, el gobierno venezolano le otorgó la Medalla Andrés Bello de Cultura. Todos estos años que siguieron trabajando como diplomático boliviano o en los periódicos bolivianos. Ocupó importantes cargos en el Servicio de Relaciones Exteriores de Bolivia. De 1966 a 1968 fue nombrado Embajador de Bolivia en Uruguay. De 1958 a 1961 se desempeñó como director del diario Ultima Hora (Ultima Hora) en La Paz.

La publicación de Estrella segregada es un hito en su producción poética. La mayoría de la recepción crítica de su trabajo se ha dedicado a este libro (Antezana 1986, Wiethüchter). Esto no es sorprendente, dado el texto cuidadosamente elaborado, así como el pleno desarrollo de su visión de la realidad boliviana. El título del libro se refiere al Illimani, la montaña andina que guarda la ciudad de La Paz. Para Cerruto la montaña es un dios caído, un tema separado de su comunidad. Como en la Patria de sal cautiva , él ve la pérdida de importancia social y comunitaria como grabado en el paisaje de la ciudad, valle, las calles, las colinas, el pueblo. Él describe esta falta de sentido social como la degradación de los valores morales y las creencias originadas por el predominio del poder político corrupto en la vida de la ciudad. Incluso el lenguaje parece estar contaminada por la condición enferma de lo social: la falta de certeza y verdad. Cerruto dice en

Vale la pena señalar que a medida que avanzaba en su carrera diplomática y literaria, se volvió más resentido por la sociedad boliviana. Sin embargo, no hay criticas directas respecto al sistema en el que trabajaba, ni del sistema literario establecido de la que fue una figura consagrada. En 1973, se convirtió en miembro de la Academia Boliviana de la Lengua, la institución literaria y lingüística más tradicional de la lengua española en el país. De 1968 a 1976, se despidió de su carrera diplomática, y dedicó su tiempo a la lectura y la escritura. Es durante estos años que escribió Estrella segregada y Diccionario de la transparencia .

En 1976 retomó su trabajo en el Servicio Exterior y fundó la Academia de Diplomacia de la Secretaría de Relaciones Exteriores, institución que dirigió hasta 1980. El adjetivo de clásico que se ha aplicado a su escritura también se puede aplicar a su vida. Vivía rodeado de políticos, diplomáticos y escritores tradicionales. Ha participado en salones literarios privados y se vistió formalmente la mayor parte del tiempo. Era un verdadero letrado (hombre de letras), el nombre dado a los intelectuales latinoamericanos que, desde el período colonial, están al servicio del Estado. Bien puede ser considerado como el último letrado de la sociedad boliviana en el siglo XX. En los círculos que frecuentaba, era considerado el más importante escritor de Bolivia. Parece que ha logrado una posición de éxito y felicidad. Sin embargo, la acritud de su poesía hace que el lector se pregunte las razones de su soledad.

Después de publicar Reverso de la transparencia Cerruto no escribió más poesía. El último poema de este libro es un diálogo con la muerte, y parece que el poeta sintió que no tenía nada más que decir. Seis años más tarde se enfermó, y mientras era operado, murió el 10 de abril de 1981. Su muerte a la edad de 69 se consideró una gran pérdida para la literatura boliviana. Una amplia variedad de homenajes, privados y públicos han seguido su muerte a través de los años. No hay duda de que su poesía es una obra literaria importante en Bolivia, así como en la literatura latinoamericana. Muchos de sus puntos de vista sobre Bolivia siguen siendo la mejor descripción de una sociedad que lucha con sus propios defectos e insuficiencias. Y ningún poeta en Bolivia ha expresado tan absolutamente la soledad que viene de ser un poeta y una conciencia iluminada en tiempos de degradación ética.

La Guerra del Chaco portò al potere una nuova generazione di militari, con una forte enfasi nazionalista. Internamente la situazione restava caotica, con il dominio economico e sociale dei baroni dello stagno che controllavano l'intera economia nazionale. Fu opera di questi la destituzione degli ufficiali nazionalisti e l'instaurazione di un governo pro-USA che partecipò formalmente alla Seconda guerra mondiale. Questa partecipazione generò solo maggior risentimento nella popolazione, giacché si limitò alla fornitura agli USA di materia prima a prezzi irrisori, senza nessun reale riconoscimento per l'economia nazionale. Tutto ciò contribuì all'avvenimento storico di maggior trascendenza dall'indipendenza: la rivoluzione del 1952. Artefice della rivoluzione fu Víctor Paz Estenssoro e il Movimento Nazionale Rivoluzionario. Venne istituito il suffragio universale, furono nazionalizzate le miniere di stagno e nel 1953 si decretò la riforma agraria. Con la rivoluzione nazionalista la Bolivia uscì, secondo l'opinione di molti, dall'età feudale.Storia contemporanea

L'MNR restò al Governo, con importanti successi elettorali, fino al 1964, quando un colpo di Stato militare portò alla presidenza il generale René Barrientos Ortuño; fu durante il suo Governo che si sviluppò la guerriglia del Che nel Dipartimento di Santa Cruz. Fu lui a dare l'ordine di assassinare Ernesto "Che" Guevara il 9 ottobre 1967. Barrientos morì l'anno dopo in un misterioso incidente aereo.

 

 

 

 

 

 

 
Il Templo Sarco a Cochabamba

Nelle elezioni convocate per dicembre del 2005, Morales, del Movimiento al Socialismo (MAS), ha vinto le elezioni con la maggioranza assoluta degli elettori. Nel gennaio del 2006, Morales si è insediato come presidente. Nonostante la vittoria ottenuta, a causa della legge elettorale boliviana, il MAS ha ottenuto la maggioranza alla Camera ma non al Senato.
Il 1º maggio 2006, Morales ha nazionalizzato, per la terza volta nella storia boliviana, gli idrocarburi, creando apprensione in Spagna e Brasile, principali compratori del gas boliviano e in Argentina, destinataria del gas della spagnola Repsol. Con questa riforma, lo Stato boliviano guadagnerà circa l'80% dei profitti dell'estrazione del petrolio. Nello stesso mese, il governo di Morales ha annunciato una nuova riforma agraria, con l'obiettivo ufficiale di redistribuire la terra ai contadini. Si tratta di una proposta controversa e che potrebbe creare conflitti tra i nuovi concessionari di terre, principalmente di origine altipianica, quechua e aymara (come Morales), e gli oltre 30 gruppi indigeni delle terre tropicali amazzoniche e del Chaco, dove sono ubicate le terre a distribuirsi. Inoltre, questa proposta potrebbe aggravare ulteriormente la distruzione di ecosistemi forestali e savane e porre in pericolo aree protette e parchi nazionali.

Il 2 luglio del 2006 si sono svolte le elezioni per l'assemblea costituente. Il partito di governo, il MAS, ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi (poco più del 50% dei voti e 137 assembleisti su 255 in totale, oltre ad alcuni eletti con altre sigle). Gli eletti all'assemblea si sono insediati nella città di Sucre il giorno della festa nazionale boliviana, il 6 agosto.

Nonostante il testo di convocazione alle urne per la costituente, ed accordi anteriori, menzionasse che l'approvazione degli articoli e del nuovo testo costituzionale dovesse essere approvato dai due terzi degli eletti (170), il partito di governo di Morales vuole ora imporre l'approvazione degli articoli e del nuovo testo della costituzionale per maggioranza semplice.

Anche a causa di questi problemi la nuova carta costituzionale non è stata approvata nei tempi previsti (6 agosto 2007). Un accordo tra governo e opposizione ha permesso un'estensione dei lavori dell'assemblea fino a dicembre 2007, ma i gravi contrasti interni di tipo economico, etnico e politico, il nuovo conflitto sul tema de  lla capitale nazionale (il dipartimento di Chuquisaca vuole che Sucre ritorni ad essere capitale della Bolivia a tutti gli effetti generando una forte opposizione del maggioritario dipartimento di La Paz, grande serbatoio di voti per Morales) potrebbero non garantire un'equa e democratica approvazione del nuovo testo costituzionale.

Il 20 dicembre 2008 è stata dichiarata nazione liberata dall'analfabetismo, diventando la terza latino-americana a ottenere questo riconoscimento, dopo Cuba e Venezuela.

Il 25 gennaio 2009, in seguito ad un referendum, la Bolivia ha approvato la nuova costituzione promossa dal presidente Evo Morales. Questa nuova legge fondamentale si propone di realizzare delle nuove riforme volte a rinforzare il ruolo dello Stato e della giustizia sociale.