Angelo Pepe

 

 


«troiano», nuscano di Varese  racconta in piazza

piccole epopee e diaspore


 

"Addio Lugano", "In fondo alla stradina", "Lassù" sono tre romanzi scritti da Angelo Pepe «troiano», nuscano di Varese, una vita da emigrante, con l’Alta Irpinia nel cuore, mai dimenticata e nella quale ritorna ogni agosto, per la festa del Carmine, la festa grande del paese con uno dei borghi più belli d’Italia (è tra i primi 100 del nostro paese) e al quale ha dedicato i suoi romanzi.
Varese la residenza, ma la sua vita da emigrante lo riporta a «casa» dove ci sono gli amici dell’infanzia, i ricordi, una molecola importante della sua vita. Ma proprio la sua esperienza di «emigrante» è stata al centro della presentazione dei suoi volumi, che ha visto il tavolo dei relatori e degli spettatori a piazzetta Santo Spirito, davanti alla chiesa omonima, sotto Castello, nel cuore della cittadina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Per amore d'Archina

 

Era Pierino un bighellone senza né arte né parte. Aveva combinato ben poco, almeno fino allora, pur avendo superato abbondantemente i vent'anni.

A Nusco il suo destino pareva già segnato. Passava per uno che non "aveva la testa sulle spalle"." Perché sei tutto il santo giorno a far niente? in giro a zonzo, sfaccendato che non sei altro. Sei capace solo di infastidire gli anziani. Metti la testa a posto, prima che sia troppo tardi! "- gli rimproveravano. - `Impicciatevi degli affari vostri" - ribatteva lesto; e via di corsa, non si capiva se per paura o per vergogna.Gli contestavano tutti le stesse cose, ad eccezione di qualche persona più comprensiva. In apparenza non mostrava di prendersela più di tanto, sotto sotto però ne soffriva. Più di una volta aveva reagito: "Avrete pure ragione di parlar male di me, lo ammetto. A nessuno di voi però viene in mente che io non ho mai avuto un consiglio, un aiuto morale. E la mancanza di una madre? Non conta niente? Mi sembra mille anni... Un giorno o l'altro mi tolgo dai piedi e levo il disturbo!"

Da Vigevano era giunto a Nusco Fortunato, una capatina per salutare la nonna. Al Nord aveva messo su famiglia. Pierino, da vecchio amico lo avvicinò: - "È vero che ti sei sposato? Auguri, auguri! Vedo che stai bene, molto meglio di quando sei partito!­- "Sai, in due si sta meglio, è un'altra vita. Mi sono deciso quando ho notato che, da solo, sperperavo tutto, non riuscivo a mettere una lira da parte. Certo bisogna aver un pizzico di fortuna, incontrare la ragazza giusta, una disposta a condividere i sacrifici.

Gente come noi può offrire solamente le braccia per lavorare. È sempre difficile incontrare una persona semplice, modesta, difficile, non impossibile, come vedi. Basta avere volontà e costanza". Parole giuste, da prendere in grande considerazione. A Pierino suonarono come un monito. Fortunato aveva saputo afferrare il momento giusto e sembrava avviato verso una vita diversa. Mentre lui s'era impantanato in una situazione balorda, senza una via di uscita. Gli mancava la forza per prendere una decisione, per fare il gesto finale. Avrebbe voluto lasciare Nusco di notte, per non farsi più vedere, togliersi di dosso quella brutta fama.

Sarebbe stata l'unica soluzione, quella vera. Non ne aveva il coraggio; da solo, così, senza un appiglio, non se la sentiva. Per lui Nusco era tutto, la fanciullezza, le gioie, i giochi, i primi giorni di scuola, i ricordi più belli. I giorni, i mesi, gli anni trascorsi per strada, nell'abbandono, senza limiti di tempo. Intuiva Pierino, pur nella sua grettezza, che la libertà di cui poteva disporre a Nusco era immensa, e che nessun altro luogo al mondo gliene avrebbe restituita tanta. Di quel luogo si sentiva padrone, era la sua vita, glielo dettava il cuore. Il sole, l'aria, la campagna, i boschi, tutto gli apparteneva. Peccato che ora s'era venuto a creare questa frattura tra lui e la gente di Nusco, una frattura insanabile, che gli rendeva impossibile l'esistenza. Si sentiva prigioniero di qualcosa più grande di lui.  - "È mai possibile che, quando decidono che sei un poco di buono, magari facendo conto su qualche disavventura familiare, sei condannato definitivamente, emarginato?" - riusciva finanche a riflettere, quando la solitudine lo sorprendeva.

Quell'inverno ebbe modo di distinguersi per generosità e altruismo. C'era stata una grande nevicata. La "borea" fischiava impetuosa e accumulava neve fino ad ostruire le strettoie. Per giorni lavorò intensamente aprendo varchi davanti agli ingressi delle case. Guadagnò qualcosa ed ottenne riconoscimenti. Una piccola soddisfazione. Filomena, un'arzilla vecchietta, sempre pronta alla battuta, andò più in là: "Se continui così troverai l'anima gemella, ci sarà pure una ragazza che saprà apprezzarti... A te serve una brava figliuola, e saresti l'uomo più buono del mondo. È quella la medicina giusta. " Venne la primavera. Si presentò l'occasione di un lavoro stagionale, un "cantiere" per allargare la strada della "Fontana dell'Angelo". Una buona compagnia, gente allegra che, mentre lavorava, trovava anche il tempo di inventare barzellette e storie "piccanti". Pierino fu abile a ritagliarsi un ruolo diverso da quello che avevano gli altri: "Ragazzi, io aiuto il capo cantiere, vi rifornisco di acqua, e sono a disposizione per i piccoli servizi, quando vi serve qualcosa, sono qua. "Tutti si meravigliarono: "Pierino sta migliorando, non avrà per caso qualche idea per la testa? ...... Poi, riprese la vita di sempre. Niente da fare, a Nusco non c'era verso di cambiare le cose.

Allacciare un rapporto vero con una ragazza: un'impresa ardua. Un bel giovanotto lo era, ma le remore su di lui davvero troppe. Più in là, si aprì un tenue spiraglio, cosi per caso, quasi d'incanto. Una domenica, era d'ottobre, si aggirava per la piazza di mattino presto. Sul suo volto si intravedeva la contentezza. Lo avvicinò Antonio, un uomo che di storie di amore se ne intendeva.- "Ti ho visto, l'altro giorno, parlottare con una giovincella di campagna; non ti sei mica svegliato presto perché non ce la facevi più a stare nel letto, pensando che la domenica lei viene in paese?­ - Io... io sono qui per ascoltare le storie dei vecchi, ce n'è tanti intorno a S. Amato". - "E va bene. l'occasione è buona non fartela scappare ". L'aria era frizzante, ma si preparava una giornata piena di sole, una di quelle giornate d'ottobre che solo Nusco sa offrire, luminosa e asciutta, con un tramonto bellissimo.

Per scaricare la tensione Pierino fece un giro attorno a Nusco. Di sicuro in quei momenti, non ebbe né il tempo né la voglia di lanciare uno sguardo alle valli appena brulle, ai vigneti carichi d'uva, ai tanti colori di cui la natura si era adornata. Gli passava altro per la testa, immerso com'era in un mare di contrastanti pensieri. La piazza si era riempita di contadini vestiti a festa, intenti a discutere tra loro.- "Eccola, eccola!" sospirò Pierino, tutto emozionato. Archina era una bella fanciulla, un viso dolce, le guance arrossate. Una contadinella dai gesti garbati, sempre sorridente. Passeggiarono a lungo. Si vedeva che era una bella coppia.

 

Passarono un paio di mesi e Pierino era diventato taciturno, serio, quasi inavvicinabile. Un pomeriggio sul tardi, d'accordo con Archina, si recò dai parenti di lei per far sapere finalmente le sue intenzioni. Si avviò deciso per la discesa di Porta Mulino, in poco tempo fu alla Portella.

Una piccola masseria, gente semplice, educata. Gli fu fatto subito notare che per crearsi una famiglia ci voleva un lavoro fisso, e che le voci raccolte sul suo conto non erano delle piú edificanti.

Se ne sarebbe parlato semmai molto più in là. In realtà era una maniera come un'altra per vedere se Pierino, con il tempo, sarebbe cambiato oppure no, magari spinto dal desiderio di non lasciarsi scappare Archina. Non passò ancora molto e i due si sposarono. Fu così che Pierino scomparve da Nusco. Né la nostalgia dei primi tempi lo indusse a ripensamenti. In paese fu visto un paio di volte, a distanza di anni. Apparizioni fugaci, solo qualche saluto. Il tempo, Egli ebbe coraggio, una dote che fino a quel momento nessuno gli aveva riconosciuto.

"Ma io e Archina ci vogliamo bene, chiedetelo anche a lei, e quello è importante. Le dicerie lasciano il tempo che trovano, c'è gente colma d'invidia che è fatta apposta per creare scompiglio. Se si facessero gli affari loro... Il lavoro... ? Ma io sono disposto ad andare in capo al mondo, Francia, Svizzera, Belgio... Non ho paura di affrontare i sacrifici. Lo conoscete Fortunato di zia Albina, anche lui ha trovato lavoro al Nord e si è sistemato in poco tempo. Quando c'è la volontà e la decisione si può tutto.

Archina lo guardava e le venivano le lacrime agli occhi, sorpresa anche lei di tanto ardore e di tanta sicurezza. Era stato davvero bravo, fino a destare il sentimento che sapeva di tenerezza. inesorabile, aveva cancellato le tracce del passato. Strano e mutevole il destino degli uomini.

 

 

 

 

 

 

 

Versione in nuscano di

Pietro Russo

 

Pierinu era nu vagabondu senz’artu né partu. Nun aveva cumbinatu niendi ri buonu e puru tuneva già chiù di vind’anni. A Nuscu lu distinu sua era già signatu. Passava pu unu chi nun tuneva la capu a postu.
Pucché stai  tuttu lu juornu senza fà niendi? Vai sulu girannu, sì nu scanzafatica. Sì capaci sulu ri sfottu la gendu anziana. Mitti la capu a postu prima c’addiviendi nu dilinguendu! Li ruceva la gendu. Mbicciativi ri li cazzi vuosti- ruspunneva subbutu; e scappava, nun si sà si pu paura o pu scuornu. A partu quaccherunu chiù combrensivu, tutti li rucevanu la stessa cosa ma Pierinu nun si la pigliava, accussì pareva, ma sotta sotta pativa.
Chiù di na vota aveva puru ruspuostu: “aviti puru ragionu a sprubbucarimi e a parlà malu ri me ma nisciuni pensa ca nun aggi mai avutu nu cunsigliu, na bona parola.
La manganza ri na mamma? Nun conda niendi? Mi pari mill’anni...nu juornu o l’atu mi ni vau e vi levu lu fastiriu!” Ra Vigevanu era arruvatu a Nuscu Furtunatu, na scappata pu salutà la nonna. In altitalia s’era nzuratu. Pierinu, cumbagnu sua l’addummannavu: -E`luveru ca ti sì spusatu? Aurii, aurii! Stai buonu megli ri quannu sì partutu!- Sai a dui si stà megli, è n’ata vita. Mi songu decisu quannu m’accurgietti ca mi cunzuamava tuttu e nun arruvava a mettu na lira ra partu. Certu ngi volu puru nu picca ri furtuna pu truvà na guagliotta cu la capu a postu.
 
La gendu com’a nui potu mettu sulu ru brazza pu fatià. Nunn’è facilu ri ngundrà na pursona semblici e senza grilli pu la capu ma comu viri basta nu picca ri bona volondà ».Parolu sandu, Pierinu rumanivu punzusu e mbressionatu. Furnunatu aveva saputu acchiappà lu mumendu buonu pu fà na vita diversa mendri issu s’era mbadanatu. Li mangava la forza ri piglià na decisionu, avessu vulutu lassà Nuscu ri nottu, pu nun si fà vuré e luvarisi ra cuollu quera brutta numinata ma li mangava lu curaggiu ri parti sulu senza n’appoggiu.Nuscu era tuttu, ricordi ri criaturu, li juochi, li primi juorni ri scola, l’aria, lu solu, la vita.
 
Li juorni, li misi, l’anni passati nmiezz’a ru biu senza cundrollu, spunzaratu, senza limiti ri tiembu robba chi nun avessu pututu truvà a nisciuna partu ri lu munnu. Puccatu ca la gendu nu lu cunsiderava e sta cosa nu la suppurtava chiù, si sundeva priggionieru. “È mai pussibbulu ca quannu rìciunu ca sì nu pocu ri buonu muttennu ngundu puru quacche fissaria ri famiglia, sì condannatu e mistu ra partu?” Riusciva finangu a ruflettu quannu la solitudina lu pigliava.
 
 
Quera vurnata peró si feci apprezzà, aveva juccatu fortu, la voiura aveva azatu nu pruvinu chi s’era nfulatu ind’a tuttu ru sunghinu. Pu paricchj juorni ivu luvannu nevu pu nanzi a ru portu ri la gendu. Si guaragnavu quacche cosa ri sordi ma avivu soddisfazionu sulu ra na vicchiarella, zia Fulumena chi li rissu “Si cundinui accussì truovi sùbbutu na guagliotta chi ti volu benu e chi t’apprezza..... A te ti servu na bona figliola chi ti mandenu la capu a postu, questa è la miricina chi ngi volu pu te.”Vunivu la primavera. Si presendavu l’accasionu ri nu lavoru stagionalu, nu candieru pu allargà la via ri la “Fundana ri l’Angliulu” na bona cumbagnia, gendu allegru chi truvava lu tiembu puru pu cundà barzellettu.
Pierinu fu stutu a nvendarisi la partu sua: “Guagliù i’ aiutu lu capucandieru, vi portu l’acqua e songu a dispusizionu pu tuttu queru chi vi servu”Tutti si meravigliavunu: “Pierinu sta cangiannu, chi sà che tenu ngapu”.....Po’ turnavu la vita ri sembu, nun g’era niendi ra fà, a Nuscu nun g’era viersu ri cangià ru cosu. Truvà na guagliotta era assai difficilu.
Bellu guaglionu era puru ma la numinata era veramendu pusanda e brutta!Na rumenucu r’ottobbru ri matina priestu girava nmiezz’a la chiazza cu na faccia cundenda. S’abbicinavu Ndoniu, nu personaggiu ca ri storiu r’amoru ni capiva.-“T’aggi vistu, l’ati juorni, chiacchiarià cu na guagliunastra cambagnola, mica ti si azatu priestu pucché nun putivi rormu punsannu ca la rumenuca essa venu a lu paiesu? - I’ ...stongu qua pu sendu li cundi ri li viecchj, ngi ni stannu tanda attuornu a Sand’Amatu”. -E accussì sia, l’occasionu è bona, nun ti la fà scappà”L’aria era freshca, ma si preparava una ri queru jurnatu ri solu, una ri queru jurnatu r’ottobbru ca sulu Nuscu sapu uffrì. Pierinu era nervosu e pu circà ri si carmà feci lu giru ri Nuscu. Sicuramendu nu li ieva ri guardà li culuri ri ru cambagnu, ru frascu carutu, l’uva matura, tuneva ati punzieri pu la capu.
 
La chiazza s’era chiena ri gendu e di cuntadini vustuti a festa e chi chiacchjriavanu.“La vì là, la vì là !” suspiravu Pierinu tuttu emozionatu. Archina era na bella figliola cu na facci r’angiulu, garbata e sembu sorridenda.
Passiavunu pu paricchj tiembu. Si vureva ca era na bella cocchia.Passavunu nu paru ri misi, Pierinu nun parlava quasi cu nisciuni era seriu e appena lu putivi abbicinà.Nu pomeriggiu r’accordu cu Archina ivunu andó li pariendi ri essa pu li fa sapé ru ndizionu sua. S’abbiavu dicisu pu la discesa ri Porta Mulinu po’ quattu zumbi fu a la Purtella. Na massaria picciula , gendu sembrici e educata chi li féciunu subbutu nutà ca pu farisi na famiglia ngi vuleva nu lavoru fissu mendri issu tuneva na numinata pocu bona. Lassamu passà nu picca ri tiembu e po’ vurimu si la vuoi angora a Archina.stu pundu  Pierinu pigliavu lu curaggiu a doi manu.
 
Ma i’ e Archina ngi vulimu benu, addummannatilu puru a essa e questa è la cosa chiù mbortanda. La gendu parla pucché songu mmiriusi e si ni verunu benu sulu quannu puonnu fà malu a quaccherunu. Si si facessunu li fatti loru ....lu lavoru...? I’ songu dispostu a ghj a la fina ri lu munnu, a la Frangia, Belgiu, Svizzera....Nun mi mettu paura r’affrundà sagrifcicj. Lu canusciti Furtunatu ri zia Albina, sè truvatu la fatiga in altitalia e ghjndu a picca tiembu s’é sistimatu.
Quannu ng’è la bona vulundà e la dicisionu si potu fà tuttu.Archina lu guardava e ngi vunevanu ru lacrumu a l’uocchj, nun s’immaginava tanda sicurezza e tandu accanimendu. Roppu picca tiembu si spusavunu. Fu accussì ca Pierinu sparivu ra Nuscu né la nostalgia lu feci turnà. Lu vurivunu nu paru ri votu roppu tand’anni e sembu ri corsa.Lu tiembu inesorabbulu aveva cangellatu ogni ricordu ri ru passatu. Che stranu a botu lu distinu!